Le tele raffiguranti il Crocefisso, opera dell’artista Antonio Teruzzi. Foto Carlo Pozzoni.
Ticino e Grigionitaliano

Canzone Aperta ci insegna che «la bellezza è una forma di cura»

Si potrebbe definire un «inno alla vita» la recente pubblicazione di don Andrea Stabellini, docente alla Facotà di Teologia di Lugano: un’opera nata nelle prime settimane di emergenza dovute alla pandemia, in cui l’autore intreccia pensieri religiosi e filosofici legati al tempo attuale.

Alle pagine intense scritte dal professor Stabellini si è in seguito unita la creatività dell’artista Antonio Teruzzi che ha composto per ogni copia (stampata in edizione limitata) una tela raffigurante il Crocifisso. È l’autore stesso a presentarci questa opera d’arte composta di immagini e parole.

Professor Stabellini, come è nata Canzone Aperta?
Canzone Aperta è nata il 15 febbraio 2020, di martedì grasso. Giorno, al mio paese, della festa del Crocifisso, ricorrenza religiosa e civile cara alla gente. Il parroco mi invitò a predicare e a scrivere un articolo sulla festa. All’inizio, dunque, c’erano due fogli. Accadde però l’imprevisto. Le prime misure di contenimento del Covid-19 imposero di celebrare a porte chiuse, sine populo. Poi vivemmo la responsabile reclusione. Nell’isolamento, altri fogli si scarabocchiarono di riflessioni. Le condivisi con altri; alcuni ne auspicarono la divulgazione. Occorreva un parere schietto; inviai così il testo a Carlo Pozzoni, apprezzato fotoeditore di Como. Il suo entusiasmo varò la pubblicazione.

Il libro raccoglie profonde riflessioni sulla drammatica attualità che stiamo vivendo: crede realmente che possiamo trarre del bene da questo tempo? Come?
Ritengo di sì. Il bene si può trarre sempre. Questo tempo reclama la nostalgia dei rapporti, da troppo disattesi. Il bene che possiamo trarre, insieme, penso stia nell’iniziare «a sentire – come indica papa Francesco – che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri, che già troppo a lungo siamo stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà, ed è arrivato il momento di riconoscere che questa allegra superficialità ci è servita a poco».

Di fronte al coronavirus l’uomo si è riscoperto vulnerabile: quali certezze gli rimangono? Quali invece sono venute meno?
La vulnerabilità è certezza. La considero un fertile terreno di incontro tra le nostre diversità, una dimensione che affratella. Reclusi, si è umanizzato il dolore per i colpiti dal virus e ci si è accorti di tante sofferenze dimenticate, che continuano. Uno stico di Canzone Aperta sosta qui: «povertà vecchie e nuove destinate ad abbruttire corpi e menti, costrette come sono a coabitare col proprio fallimento senza l’incontro col simile che ammetta, onestamente, che la vulnerabilità è di tutti, è cifra dell’umano più che sua debilitazione: «l’umanità di Achille sta nel suo tallone»».

Come ci può sostenere il Vangelo in questa sfida? Cosa vuol dire essere cristiani oggi?
Le due domande, secondo me, si accoppiano: essere cristiani oggi – come in ogni epoca – è seguire il Vangelo. Invito accoglibile in qualunque circostanza. L’assenza condivisa dei gesti abituali (abitudinari?) del vivere cristiano non ha impedito, a chi lo volesse, di leggere il Vangelo, seguendo la sua rude novità. Questa Parola – così credo – può offrirsi a promettente prospettiva, tra altre, per la ricostruzione che ci attende. Il Vangelo può sostenerci in questa sfida, perché il Vangelo ci sfida; così in Canzone Aperta: «c’è nell’Evangelo un annuncio liberante; c’è, nella narrazione della vita di Gesù, una forza coagulante le spirazioni comuni, i sentimenti di tutti: la salvezza che «inizia e si innesta come arte del vivere qui sulla terra»; una pratica di umanità sempre vivibile, sempre proponibile e che, una volta udita, permane, come desiderio quando non la sentiamo e, quando nuovamente squilla, come appello a congiungere uomini e donne in cammino: potremmo resistere senza cattedrali ma non riusciremmo più a vivere se non Lo sentissimo più parlare».

Una delle copertine del libro.

Il libro è una vera opera d’arte: ogni copertina, raffigurante il Crocefisso, è stata realizzata a mano dall’artista Antonio Teruzzi. Perché una scelta tanto particolare?
Perché la bellezza è una forma di cura: risolleva ed accudisce. Può così ridare speranza alle persone. E questa Canzone si porge come messaggio di speranza, Aperta «al prosieguo, a chiunque voglia rinunciare all’assolo per unire la sua voce al coro e creare polifonia e sentirne l’energia». Con sorpresa, subito «si sono unite al coro» due persone di valore: Felice Bonalumi, filosofo e professore di Pubbliche Relazioni ed Antonio Teruzzi, artista d’inesausta ricerca. Felice, con acute glosse, ha apportato al testo profondità e chiarezza. Antonio ha realizzato, uno per uno, Crocifissi in materici cammei, incastonati a copertina del libro. Opere d’arte che non solo completano il testo; in intensità comunicativa lo superano con un gesto, delicato, di cura.

Per acquistare il volume Canzone aperta (al costo di 50 euro), scrivere a Carlo Pozzoni, via Borgovico, 163 Como (Italia), mail carlo@carlopozzoni.it

Silvia Guggiari

Le tele raffiguranti il Crocefisso, opera dell’artista Antonio Teruzzi. Foto Carlo Pozzoni. | © Carlo Pozzoni
25 Novembre 2020 | 07:35
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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