«Cantando come donna innamorata»: la figura di Matelda nella Commedia

Molti dei messaggi più grandi nella Commedia di Dante sono affidati alle donne. Tutti ci ricorderemo, ad esempio, di Beatrice: donna amata in vita da Dante, nel poema la ritroviamo nelle vesti di guida del poeta nel suo viaggio verso il Paradiso. Ma le donne sono protagoniste anche dei singoli incontri che Dante fa mano a mano lungo il suo percorso. Con il poeta Gilberto Isella riscopriamo la figura di Matelda.

«La vetta del Purgatorio è raggiunta, ci troviamo nel paradiso terrestre, la «divina foresta» (Purg. XXVIII e XXIX). Ancor prima di incontrare Beatrice e purificarsi nei fiumi Lete ed Eunoé, Dante scorge «una donna soletta che si gia/ e cantando e scegliendo fior da fiore/ ond’era pinta tutta la sua via». Si tratta di Matelda, una delle creature femminili più avvincenti e stilisticamente compiute della Commedia.

Scriveva Arturo Graf: «Il Canto XXVIII potrebbe dirsi il Canto della beata e vergine natura. È in altre parti del poema più sfondo di storia umana e reale […], in nessuna è tanta natura e tanto gaudio di natura come in questa».

Quale sarà il ruolo di Matelda in uno scenario del genere, che corrisponde all’Eden biblico ma reca anche i segni della mitica età dell’oro? Quelli ch’anticamente poetaro l’età de l’oro e suo stato felice, forse in Parnaso esto loco sognaro. Qui fu innocente l’umana radice; qui primavera sempre e ogni frutto; nettare è questo di che ciascun dice. (vv. 139-144) Dio ha voluto che Matelda governasse e rappresentasse simbolicamente il paradiso terrestre come giardino dell’innocenza perduta e ritrovata, circonfuso di un’aura primaverile, trasparente e melodiosa.

Dante la paragona alla dea pagana Proserpina, figlia di Cerere, rapita da Plutone proprio mentre coglieva fiori. Su una riva del Lete, il poeta invita la donna ad avvicinarsi. E lei, ben disposta, avanza dall’altra sponda con un mazzo di fiori, cantando e accennando passi di danza, quasi scivolando sul manto colorito «della sua via».

Perché non pensare alla Primavera di Botticelli? Ma ciò che caratterizza in particolare il personaggio è il sorriso («ella ridea da l’altra riva dritta») un sorriso schietto e incondizionato, che stagliandosi nell’atmosfera luminosa sembra esprimere tutta la gioia dell’uomo di fronte alla bellezza e alla sacralità della natura. Questo sorriso troverà un compimento sinestetico nei salmi e nell’innodia cristiana: «Cantando come donna innamorata,/ continüò col fin di sue parole :/ ›Beati quorum tecta sunt peccata’». Poi un canto di giubilo, il Delectasti («Mi hai rallegrato»). Singleton, nel citarlo, affermerà che il godimento ricevuto dal mondo creato, ossia l’emblematico Eden, ispira l’uomo nelle sue lodi al Creatore: «Lo sommo Ben, che solo esso a sé piace/ fé l’uom buono e a bene, e questo loco/ diede per arr (come caparra) a lui d’etterna pace/ (di beatitudine eterna)» (vv. 91-93).

Matelda anticipa Beatrice (anche questa apparirà, fisicamente «dentro una nuvola di fiori»), così come Giovanni Battista anticipava Gesù Cristo. C’è di mezzo un rito battesimale e purificatorio, che qui riaffiora nell’atto dantesco di bere l’acqua dei fiumi. Se Beatrice è soprattutto simbolo di Grazia e Teologia, Matelda porta una simbologia più sfumata. Incarna lo splendore dell’esistente ma è anche la figura dell’annuncio e del passaggio. Traghetterà Dante alla «gentilissima», infatti».

15 Ottobre 2021 | 13:34
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