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Cantalamessa: «I credenti, corpi estranei in una società tecnologizzata»

«I credenti sono considerati dei corpi estranei in una società tecnologizzata, evoluta». Parte da questo concetto padre Raniero Cantalamessa nella seconda predica di Quaresima nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, alla presenza di Papa Francesco e della Curia Romana. Il predicatore della Casa Pontificia prosegue così la riflessione sul tema: «Rivestitevi del Signore Gesù Cristo» (Rm 13,14), La santità cristiana nella parenesi paolina», soffermandosi sul senso dell’amore cristiano.

 

Un amore sincero, affermava l’Apostolo delle Genti, che deve tradursi nelle situazioni di vita della comunità. Quella cristiana di Roma è – osserva Cantalamessa nella sua predica riportata da Vatican News – «una minuscola isola nel mare ostile della società pagana». «Sappiamo quanto, in simili circostanze, sia forte la tentazione di chiudersi in se stessi, sviluppando il sentimento elitario e arcigno di una minoranza di salvati in un mondo di perduti», prosegue.

 

«La situazione della comunità di Roma descritta da Paolo rappresenta, in miniatura, la situazione attuale di tutta la Chiesa. E non parlo delle persecuzioni e del martirio a cui sono esposti i nostri fratelli di fede in tanti Paesi del mondo; parlo dell’ostilità, del rifiuto e spesso del profondo disprezzo con cui non solo i cristiani, ma i credenti in Dio – tutti i credenti in Dio – sono guardati in una società secolarizzata, specialmente in certi strati di questa società, quelli più influenti: quelli dei media, della finanza e della cultura», osserva il predicatore della Casa Pontificia.

 

«I credenti sono considerati dei corpi estranei in una società tecnologizzata, evoluta». Pertanto bisogna capire quale sia «l’atteggiamento del cuore da coltivare nei confronti di una umanità che, nel suo insieme, rifiuta Cristo». Proprio a Cristo, sulla cui «imitazione» si basa tutta la santità cristiana, bisogna guardare e avere una «profonda compassione» che porta ad amare gli altri e soffrire per loro, «a farsene carico davanti a Dio», con un atteggiamento di misericordia.

 

Per quanto riguarda i rapporti all’interno della comunità, per «gestire i conflitti di opinioni che emergono tra le diverse sue componenti», padre Cantalamessa ricorda «le esigenze della carità» indicate da San Paolo, le stesse «che si impongono in ogni tipo di conflitto intraecclesiale, compresi quelli che viviamo oggi, sia a livello di Chiesa universale sia della comunità particolare in cui ognuno vive», ad esempio le parrocchie. San Paolo fornisce tre criteri: seguire la propria coscienza, rispettare la coscienza altrui e astenersi dal giudicare il fratello, evitare di dare scandalo».

 

La chiamata è dunque alla carità intesa come «forma di tutte le virtù», che si traduce in amore, gioia, pace. Carità «senza finzioni» e «senza ipocrisia», aggiunge Cantalamessa. Anche l’atto più visibile di carità come «il distribuire ai poveri tutte le proprie sostanze» «non gioverebbe a nulla, senza la carità interiore», anzi «sarebbe l’opposto della carità sincera», evidenzia il cappuccino. La carità ipocrita, aggiunge, è infatti «proprio quella che fa del bene, senza voler bene, che mostra all’esterno qualcosa che non ha un corrispettivo nel cuore». In questo caso, si ha una «parvenza di carità, che può, al limite, nascondere egoismo, ricerca di sé, strumentalizzazione del fratello, o anche semplice rimorso di coscienza».

VaticanInsider

5 Marzo 2018 | 07:30
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