Chiesa

Camerun, la morte del vescovo di Bafia ancora avvolta nel mistero

«La nostra Chiesa è consegnata alle forze delle tenebre da alcuni falsi membri di questa stessa Chiesa, da innumerevoli benefattori, sedicenti simpatizzanti che vogliono distruggere la Chiesa dall’interno… Sono obbligato a pormi la seguente domanda: «Chi uccide i preti in questo Paese?». Mi rivolgo a quelli che nascosti nell’ombra vogliono fare il male: in cosa la Chiesa cattolica vi da fastidio?». Sono parole dure, interrotte continuamente da applausi scroscianti, quelle pronunciate in occasione delle esequie di Jean Marie Benoît Balla, vescovo di Bafia, il cui corpo senza vita è stato rinvenuto nelle acque del fiume Sanaga lo scorso 2 giugno, da monsignor Joseph Akonga Essomba, parroco, biblista e, soprattutto, suo amico intimo.

 

La Conferenza episcopale del Camerun aveva congelato la cerimonia in attesa di risposte chiare da parte degli organi inquirenti, contestando l’ipotesi di semplice affogamento (conclusione, quest’ultima, a cui sarebbero giunte le indagini a seguito della autopsia, ndr). A due mesi esatti dal ritrovamento del cadavere, il 2 agosto, per sollecitare una approfondita indagine, denunciare gli scarsi sforzi fatti dal governo e contestare le tesi date per ufficiali riguardo la morte, i vescovi hanno deciso di celebrare la messa in suffragio e risvegliare le coscienze del Paese. «Monsignor Balla – ha aggiunto Akonga – era un eccellente nuotatore: escludo con certezza che possa essere annegato».

 

L’omelia del prelato ha suscitato molto clamore. Come sostengono vari organi di stampa locali, Akonga è andato addirittura oltre le posizioni della Conferenza episcopale che fin dall’inizio ha parlato di «assassinio brutale», spingendosi a denunciare un progetto criminale di lobby sataniche. Le sue durissime parole hanno scatenato ridde di ipotesi (una di quelle più ripetute dai media fa riferimento a presunte lobby omosessuali interne ed esterne alla Chiesa cattolica) e creato nuovi, gravi imbarazzi al governo centrale che vanno ad aggiungersi a tensioni mai sopite.

 

Il Camerun, noto come l’«Africa in miniatura» per i suoi oltre 200 differenti gruppi linguistici e per la vasta eterogeneità della sua società, presenta indubbiamente parametri di crescita e sviluppo tra i migliori del continente: un altissimo tasso di alfabetizzazione, una relativa pace e una discreta stabilità.Negli ultimi tempi, però, i motivi di preoccupazione sono molto aumentati e, con essi, l’inquietudine e il malessere dei suoi 23 milioni di abitanti. Innanzitutto, la rumorosa minoranza anglofona che si sente estromessa dai luoghi del potere, chiede insistentemente maggiore autonomia, fino alla totale secessione (il Camerun nacque nel 1961 a seguito dell’unificazione di due ex colonie, una britannica e una francese. Le provincie dell’area nord e sud-occidentale, circa il 20% della popolazione, sono sempre rimaste anglofone, ndr).

 

Nel nord, invece, la penetrazione capillare del terrorismo di marca jihadista di Boko Haram, sta mietendo vittime e seminando terrore. La falange islamica nata in Nigeria, ha lanciato il suo primo attentato in Camerun il 12 luglio del 2015. Da allora si è reso protagonista di centinaia di attacchi che hanno fatto migliaia di morti e costretto circa 250 mila persone alla fuga o a cercare rifugio nei campi messi a disposizione dal governo.

 

In ultimo, la teoria infinita di omicidi di esponenti della Chiesa cattolica, molti dei quali, non hanno ancora un colpevole. «Da decenni – spiega Emmanuel Ngah Obala, un camerunese stabilitosi in Italia, amico fraterno del vescovo di Bafia – avvengono misteriose uccisioni di preti, religiosi, laici cattolici. Dopo l’omicidio di monsignor Balla, però, qualcosa è cambiato nella percezione del popolo: la gente comincia a ribellarsi e a chiedere che venga fatta giustizia».

 

La lista di membri della Chiesa uccisi è davvero lunga. Prima di arrivare alla morte del vescovo Balla e dei sacerdoti Ndi Augustin, rinvenuto senza vita cinque giorni dopo nella sua stanza a Nguti, e Jean Armel, il rettore del Seminario di Saint André il cui cadavere era stato trovato nella propria camera da letto solo due settimane prima della morte di monsignor Balla (ma per questi ultimi due non si è certi che si sia trattato di omicidio, ndr), si passa per l’abate Joseph Mbassi, direttore del giornale L’Effort camerounais, ucciso a Yaoundé nel 1988. Poi padre Antony Fontegh, ucciso a Bamenda nel 1990; monsignor Yves Plumey, arcivescovo emerito di Garoua, assassinato a Ngaoundéré nel 1991, le Suore di Djoum, uccise dopo essere state violentate e mutilate nell’agosto del 1992; padre Engelbert Mveng, un gesuita trovato senza vita a Yaoundé nel 1995. Ci sono poi l’abate Materne Bikoa, l’abate Apollinaire Claude Ndi (ucciso nel 2001 a Yaoundé), l’abate Joseph Yamb, l’abate Barnabé Zambo, diversi fratelli consacrati, altri membri del clero e alcuni laici.

 

«Non c’è mai stato alcun problema tra Chiesa e Stato – riprende Ngah Obala – ma il fatto che fino ad oggi non sia stata fatta luce su nessuno dei membri della Chiesa uccisi, crea molta inquietudine. Monsignor Balla, ogni volta che veniva a Roma, era ospite a casa mia. Ci sentivamo spesso, eravamo profondamente legati. Era un vescovo con una dimensione altamente pastorale, non si era mai esposto politicamente: a lui interessava solo il suo popolo. Il giorno prima di sparire (prima di essere ritrovato senza vita nel fiume, il presule era scomparso, ndr), ha cenato e ha detto alla suora sua assistente che doveva portare una lettera a Yaoundé per l’arcidiocesi, nella quale immaginiamo voleva lamentarsi di qualcosa. Ma non sappiamo con certezza di cosa si trattasse».

 

La Chiesa, per avere giustizia, si rivolge ora direttamente al presidente del Camerun Paul Biya, l’ex seminarista al potere da oltre 35 anni. Il leader, più longevo di molti suoi colleghi africani, è considerato un politico controverso. Nel 2008 il Parlamento ha approvato un provvedimento che emendava la costituzione e gli permetteva di candidarsi per un terzo mandato. Tra accuse di autocrazia da parte delle opposizioni politiche e sospetti diffusi di brogli avanzati da molti osservatori, Biya ha ottenuto una netta vittoria nel 2011 assicurandosi il massimo scranno del potere fino alla primavera del prossimo anno. Prima fedele seguace del presidente Ahmadou Ahidjo, che lo nominò primo ministro nel 1975, Biya, dopo aver conquistato il titolo di presidente nelle elezioni del 1982, si è liberato dell’ingombrante suo ex mentore, accusandolo di aver tramato un colpo di Stato contro di lui e costringendolo all’esilio.

 

Oggi, tra i tanti problemi, deve affrontare la «questione cattolica». «La situazione del mio Paese – dice Mani Ndongbou, presidente di Camerol (Camerunesi di Roma e Lazio) – è molto complessa a livello politico-sociale; in un certo senso nella composizione del potere esiste una divisione in tribù anche se il Camerun ha uno spiccato senso di fraternità. È un Paese in netto sviluppo ma che fatica anche a causa di sacche di corruzione. Nel 2018 ci saranno nuove elezioni e speriamo che ciò porti maggiore stabilità».

 

La morte di Balla ha avuto molte ripercussioni anche nella comunità camerunese della diaspora. «Conoscevamo molto bene il vescovo, un vero pastore; si occupava della sua gente, vegliava e sognava un futuro migliore per il suo popolo. Balla non era un personaggio politico, non rilasciava molte interviste, la sua scomparsa ci ha sconvolto. Aveva promosso una responsabilità collettiva della comunità cattolica nella gestione del bilancio e delle donazioni: voleva coinvolgere la gente nel controllo perchè tutto fosse trasparente». Forse è proprio questo che può aver dato fastidio a qualcuno.

 

«È davvero difficile dirlo. E sapere che è stato brutalmente ucciso ci inquieta nel profondo. Era un educatore, un uomo del popolo. È tutto molto oscuro e questo fa davvero paura. Noi abbiamo fatto di tutto per ricordarlo come era e promosso un senso di unità del nostro popolo. È stato molto significativo che nelle veglie organizzate da noi abbiano preso parte anche islamici, persone della minoranza anglofona».

Luca Attanasio – VaticanInsider

25 Agosto 2017 | 18:00
Tempo di lettura: ca. 5 min.
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