Commento

Calendario romano e ambrosiano: commenti al Vangelo

Calendario romano: Lc 14, 25-33

«L’immensa sfida dell’essere discepoli»

Dalla rubrica tv Il Vangelo in casa di Caritas Ticino a cura di Dante Balbo, con padre Roberto Fusco, in onda su TeleTicino e online su YouTube

La fraternità francescana Betania a Rovio è una delle sedi dell’istituto di vita consacrata di diritto diocesano fondata da Padre Pancrazio, un carismatico frate minore pugliese ispirato dalla figura di San Pio da Pietrelcina, scomparso nel 2016. Proprio qui, tra ulivi di un paesaggio collinare verdeggiante c’è un piazzale che offre una bellissima vista sul Ceresio, placida come il color carta da zucchero del saio di Padre Roberto Fusco. Il priore della comunità ci accoglie, per questo commento domenicale, con una prima considerazione sul messaggio inconsueto che sembra passare in questo brano: «Nel Vangelo siamo soliti cercare parole di pace e consolazione, quasi dei palliativi: oggi invece Gesù ribadisce con toni chiari che nessuno, compresi i propri cari o le proprie relazioni preziose, andrebbe messo al di sopra dell’amore per lui». È una scelta radicale, senza compromessi, quasi pianificata, aggiunge Dante Balbo. «Sembra in effetti quasi una sorta di contratto da sottoscrivere per essere discepoli. Ma attenzione: Gesù non vuole spaventare nessuno, solo ribadire che essere discepoli richiede serietà ed impegno. Un po’ come per le cose importanti della nostra vita, quelle che spesso necessitano di scelte impegnative e radicali». Gli elementi «progettuali» della costruzione del discepolato – aggiunge Dante Balbo – sembrano essere basati su due capisaldi: la casa, costruita su una roccia solida (il Cristo stesso), e la guerra, ovvero il prepararsi ad andare in battaglia. «Con questi esempi – riprende padre Roberto – Gesù sottolinea la necessità di chiarezza per iniziare questa avventura, oltre che di impegno e di stringere i denti nella sofferenza: non a caso in questo brano del Vangelo Gesù nomina la croce. E croce significa soprattutto lo sforzo necessario per essere fedeli, visto che essere discepoli di Gesù è prima di tutto un dono della sua grazia, a cui si risponde con un impegno quotidiano, continuo ». Il Cristo, quindi – suggerisce Dante Balbo – ha atteggiamenti consolatori e protettivi «ma in fondo punta a relazionarsi, potremmo dire, con adulti responsabili e maturi ». Padre Roberto Fusco su questo non ha dubbi: «L’esperienza di discepolato è già in sé un’esperienza di crescita. Qualcosa che ti fa diventare uomo, ancor prima che cristiano. Nel percorso impari a decidere cosa vuoi fare, chi vuoi seguire, quanto impegno è necessario ed anche cosa dovrai lasciare per strada. In quel momento scatta un processo di maturazione interiore, profondamente umana».

Cristiano Proia

Calendario ambrosiano: Mt 21, 28-32

«Un sì che nasce da risorse inaspettate»

Nel Vangelo di questa domenica si parla di due figli, dietro i quali, però, sta, in modo misterioso, un terzo figlio. Il primo figlio dice sì, ma non fa ciò che gli è stato ordinato. Il secondo figlio dice no, ma compie poi la volontà del padre. Il terzo figlio non solo dice sì al Padre che lo chiama, ma fa anche ciò che a lui piace (Gv 8,29). Alcuni esegeti hanno intravisto nel figlio che dice sì e poi fa no gli ebrei, mentre nel figlio che dice no e poi fa sì i pagani. Non è detto che Gesù avesse in mente questa distinzione. Forse è più corretto pensare che Gesù vuole colpire un certo mondo religioso. Una certa religiosità che si potrebbe ritrovare annidata facilmente in ogni esperienza religiosa. Soprattutto nei rappresentanti dell’istituzione religiosa stessa. Non per nulla il Vangelo di Matteo annota, poco prima del racconto della parabola, che Gesù stava parlando ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo (Mt 21,23). Verrebbe quasi da pensare che ) Gesù abbia una sorta di predilezione, di attenzione particolare a quelli che stando ai nostri criteri è gente del no, ma tuttavia nascondono delle risorse inaspettate nei confronti del sì. Pensiamo, ad esempio, a certe figure evangeliche pescate tra gli esattori delle tasse o anche alle prostitute. Non è forse detto proprio di loro, a commento della parabola, che «i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio»? Gesù precisa inoltre che i pubblicani e le prostitute, dopo aver ascoltato Giovanni Battista, avevano provato nel loro cuore un profondo pentimento. E, stando a Matteo, di loro non si dice che poi si erano convertiti, ma propriamente che «gli avevano creduto». Avevano cioè almeno intuito la gravità e complessità del loro stato. Perché a volte è praticamente difficile, se non impossibile, cambiare di colpo la vita. Ma qualcosa intanto si è smosso nel loro cuore provandone un profondo pentimento. Loro che, a causa di quel loro stile di vita marcatamente negativo, erano semplicemente catalogati tra quelli di un no molto deciso nei confronti di Dio e della Sua legge. Come se Gesù dicesse: «Andate adagio a condannare, a scandalizzarvi per le parole, anche per certi ›no’ detti a Dio» (…). Poi ci sono però persone che dicono si e fanno no. Ma qui non siamo alla religione vera, ma alla superficie, all’immagine. Quel modo fumoso di riferirsi a Dio che mette Dio da tutte le parti. Sbandierando un’appartenenza religiosa formalmente ineccepibile, mentre il cuore cavalca altre praterie. Così che può anche arrivare un Giovanni Battista o Gesù Cristo stesso in persona, ma tu non ti smuovi e non ti lasci scalfire. Che il Signore sciolga il nostro cuore e ci sia concesso di poter ancora cercare il suo volto.

don Walter Magni, portavoce di mons. Mario Delpini

8 Settembre 2019 | 06:53
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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