Il cardinale Becciu
Chiesa

Becciu: 5 anni di pontificato? Nessuna festa particolare, ma il Papa lavora sereno

È uomo «e quindi soffre» quando «ci sono certe critiche gratuite, certe critiche che lo toccano nel punto essenziale del suo essere quello di tradire la dottrina della Chiesa», ma papa Francesco procede «sereno». Nel quinto anniversario del Pontificato, monsignor Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, interviene alla presentazione del libro di padre Enzo Fortunato «Francesco il ribelle» (Mondadori), all’Istituto Sturzo a Roma, e, a margine dell’evento, risponde alle domande dei giornalisti. Benedetto XVI «ha amato, fin dal primo momento, papa Francesco». E se la riforma della Curia, per usare una battuta di Jorge Mario Bergoglio, è come pulire una sfinge con lo spazzolino, «spazzolino sì, ma con determinazione», commenta Becciu. Che ieri sera ha incontrato il Pontefice argentino «sereno e contento». E per il quinto anniversario del Conclave, «niente feste particolari, anzi, aveva la tabella di lavoro e di incontri e continuava a fare come se niente fosse».

 

«Ieri sera eravamo insieme», racconta monsignor Becciu, «gli ho offerto gli auguri e gli avevo promesso che oggi avremmo ringraziato Dio per il dono che ci ha fatto lui come Papa. Era sereno. E dice che anche lui ringraziava per il dono della Chiesa che sta guidando, quindi era sereno e contento. Però niente feste particolari, anzi, aveva la tabella di lavoro e di incontri e continuava a fare come se niente fosse».

 

Anche oggi ci sono state critiche al Pontificato di Francesco da parte di alcuni cattolici: lui come le vive?

«È sereno, sa affrontare secondo la massima gesuitica del terzo grado di ascetica che bisogna essere indifferenti alle cose. Però è uomo, e quindi soffre pure quando ci sono certe critiche gratuite, certe critiche che lo toccano nel punto essenziale del suo essere, quello di tradire la dottrina della Chiesa. Questo no, non lo accetta ed è l’accusa più grave che uno possa rivolgergli. Lui si è sempre proclamato figlio fedele della Chiesa, pronto a dare la vita per difendere la purezza della dottrina. Per il resto cerca di essere distaccato e andare oltre. È un esempio anche per noi: qualche volta ci confidiamo con lui, per qualche critica che abbiamo ricevuto, e ci dice «che avete da lamentarvi voi!». È un esempio di fortezza serenità e coraggio».

 

Ieri Papa Benedetto XVI lo ha difeso con la lettera inviata per la pubblicazione di una collana sulla teologia del Papa.

«Una lettera magnifica. E non poteva essere diversamente. Sempre Papa Benedetto ha amato, fin dal primo momento, papa Francesco, e lo ha sentito come suo successore, come colui che regge la Chiesa e al quale bisogna da parte dei fedeli manifestare obbedienza e devozione».

 

La riforma della Curia, nel frattempo, procede come «pulire la sfinge con uno spazzolino»?

«Quella dello spazzolino fu una bella trovata e ha fatto sorridere un po’ tutti! Però lui ha coraggio e forza e anche su questo va avanti. Avete visto che alcune riforme, alcune modifiche sono state attuate. Poi non è facile, non è facile perché non è che si possa cambiare da un momento all’altro una struttura complessa in cui vale l’ordinamento civile, l’ordinamento canonico, c’è l’aspetto dottrinale e bisogna far coincidere i vari aspetti. Spazzolino sì, ma con determinazione».

 

Quanto è centrale per questo Papa l’esempio di san Francesco?

«Il Papa il suo messaggio lo ha dato fin dall’inizio chiamandosi Francesco. Ha mostrato grande predilezione al Santo di Assisi. Ma soprattutto è nel vivere il suo stile di Papa che si manifesta il desiderio di essere radicale come lo fu Francesco nel vivere il Vangelo».

 

Un santo ribelle e un Papa ribelle?

«Pochi gironi dopo che fu eletto mi disse: «Ma sto rompendo il protocollo? Vi sto dando fastidio?» «Insomma Santo Padre…». Ecco, la sua decisione era chiara sin dai primi giorni di volere andare oltre certe regole modificabili che lui ha modificato subito. Il protocollo non deve essere un carcere ma deve servire a manifestare meglio l’esercizio del ministero».

 

Come valuta la situazione politica italiana in questo frangente?

«Siamo un altro Stato. Parliamo con tutti. Guardiamo distaccati ma col desiderio che si trovino soluzioni giuste per il Paese. È strano che qualcuno tiri il Vaticano da una parte e dall’altra: questo non c’è da parte nostra perché rispettiamo l’autonomia dello Stato italiano e dei partiti. Sono loro a trovare le soluzioni tecniche giuste, noi ci limitiamo a proclamare i principi per la buona convivenza di un popolo, ancorati alla dottrina sociale della Chiesa. E basta».

 

Alla presentazione del libro all’Istituto Sturzo, questo pomeriggio, intervengono, oltre a Becciu, il direttore dell’Espresso Marco Damilano, padre Enzo Fortunato e Angelo Chiorazzo. Presenti tra il pubblico il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario del Sinodo dei vescovi, il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo, il comandante della Gendarmeria vaticana Domenico Giani, la ministra uscente Valeria Fedeli e il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone.

 

Al moderatore, il giornalista di Avvenire Gianni Cardinale, che domandava a Becciu ragione della sua titubanza a parlare di un papa Francesco «ribelle», come il titolo del volume di padre Fortunato, il sostituto della Segreteria di Stato ha spiegato che «papa Francesco si ispira al Vangelo, che è ciò che spiega la sua normalità, la sua spontaneità, il suo rompere certe regole protocollari, rompere con il tradizionalismo non con la tradizione, perché l’offesa più grande che gli si può fare è dire che non rispetta la dottrina della Chiesa. Ribelle in questo senso: la normalità del vivere. Quando mi chiedono com’è il Papa in privato, rispondo: così come in pubblico. È se stesso. Magari per alcuni è poco comprensibile come si comporta, il fatto per esempio che si porta la sua borsa a mano, ma è se stesso».

 

Padre Enzo Fortunato ha sottolineato che san Francesco «è ribelle perché è pacificato» e che la sua ribellione nasce dalla «autorevolezza della persona», una considerazione che rende «naturale l’accostamento con la figura di papa Francesco, il suo linguaggio, i suoi luoghi, i suoi gesti».

 

Damilano ha detto che l’impatto di papa Francesco sulla politica italiana è «fortissimo perché non si occupa di politica italiana. Ha una dimensione globale e non si percepisce come un Papa che ha il diritto e il dovere di occuparsi di politica italiana. I vescovi, i fedeli, le associazioni sono sfidate a nuotare in mare aperto, senza aspettarsi che dai vertici arrivi la linea. Questo ha come conseguenza una libertà maggiore, la possibilità di confrontarsi senza schemi, che in alcune stagioni è mancato. D’altra parte questo Papa mostra maggiore aderenza alla società che al palazzo, fa attenzione a quel che si muove lontano dai riflettori, la periferia, la povertà, il disagio sociale a cui dà voce, che in realtà sono il cuore della società, e lo si è visto anche alle elezioni del 4 marzo. Maggiore libertà e maggiore ancoraggio alla realtà: sono le due direzioni di marcia che papa Francesco, senza dare la linea, propone ai cattolici».

Iacopo Scaramuzzi – VaticanInsider

Il cardinale Becciu | © vaticanmedia
14 Marzo 2018 | 07:00
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