Internazionale

Asia Bibi, i legali sperano in un’udienza risolutiva prima di Pasqua

Si studia, si dialoga, si gioca, si legge nell’edificio della Renaissance Education Foundation (Ref) a Lahore. Giovani professori e studenti sono impegnati nella consueta giornata di lezione, in una splendida giornata primaverile che consente agli alunni di riunirsi, per lo studio, nel cortile esterno, baciati dal sole. Tra i ragazzi impegnati nell’apprendere inglese e matematica ci sono due ragazze speciali: sono Esham e Esha, le figlie di Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia e tuttora rinchiusa nel carcere femminile di Multan.

 

La Renaissance Education Foundation, guidata dal sociologo e attivista Jospeh Nadeem, è la fondazione che si sta prendendo cura della famiglia di Asia Bibi, a partire da suo marito, Ashiq Masih, impiegato come fac-totum e autista. «Abbiamo cercato fin dall’inizio di garantire un futuro a questa famiglia, toccata da un autentico dramma: l’accusa e la detenzione di una moglie e madre innocente. È un fatto che ha sconvolto per sempre l’esistenza di una povera famiglia di contadini del Punjab», spiega a Vatican Insider Joseph Nadeem , proprio in questi giorni giunto a Roma, con Ashiq Masih ed Esham, per testimoniare la sua storia e la sua speranza.

 

La speranza non manca ad Ashiq, che pure spesso sembra pensieroso: «Abbiamo passato anni difficili, soprattutto per la crescita delle bambine: avvertono fortemente la mancanza della mamma. Grazie alla Fondazione abbiamo potuto continuare a vivere. La nostra speranza non si è mai spenta e ancora oggi è viva. Preghiamo e speriamo che Asia venga liberata, secondo la giustizia di Dio», afferma l’uomo. «Questa speranza la condividiamo con Asia, che spesso visitiamo in carcere. La si legge nei suoi occhi. E dà forza anche a noi, che soffriamo con lei e per lei», spiega commosso a Vatican Insider.

 

È il mistero e la forza della fede. Asia Bibi, una innocente costretta da nove anni a subire un destino iniquo, imprigionata in una cella senza finestre, vive col cuore rivolto a Dio, illuminata dal dono della grazia e della fede. Come racconta Nadeem, che l’ha visitata pochi giorni fa, la donna «è in un buono stato di salute fisica e psicologica». Di più: attraversa ora «uno stato di grazia», condizione umanamente incomprensibile, data la situazione opprimente che vive nella quotidianità. Ma la luce che viene dall’Alto ha il potere di trasformare il suo cuore e di renderlo «solida roccia» su cui anche i familiari, a volte depressi o sconsolati, si appoggiano.

 

Il tempo della Quaresima è per Asia Bibi un tempo di attesa non sterile o vuota, ma feconda: una fecondità data dall’atteggiamento di fede e dalla preghiera incessante, quella che affida ogni vicissitudine e ogni sofferenza alle mani di Dio. Grazie alla paziente opera di una donna cristiana tra le guardie carcerarie, Asia, che era una contadina analfabeta, in questi anni ha imparato a leggere e ora si cimenta anche con la lettura della Sacra Bibbia. È uno tra i tanti doni che la donna riesce a riconoscere in questo suo isolamento forzato, «che considera una sorta di eremitaggio» riferisce Nadeem.

 

D’altro canto il pool degli avvocati si sta impegnando per ottenere la sospirata udienza davanti alla Corte Suprema, il terzo grado di giudizio, che potrebbe essere un momento risolutivo. Dopo la condanna in primo grado e la conferma nel verdetto di appello, è rimato solo l’appiglio al Tribunale supremo del Pakistan. I legali, valutando la situazione, hanno preferito presentare il ricorso alla sezione di Islamabad, e dai giudici della capitale pakistana si attende venga fissata la data per l’udienza. «Speriamo possa essere convocata prima di Pasqua: sarebbe per noi un grande regalo e la possibilità di una vera risurrezione», osserva il responsabile della REF.

 

Non è trascurabile, però, per stabilire la data della seduta del processo, il clima sociale e politico che attraversa la nazione. Vi sono state nei mesi scorsi imponenti manifestazioni di piazza proprio a Islamabad, con un sit-in di protesta convocato da gruppi integralisti islamici, durato diverse settimane, che ha messo alla prova la tenuta del paese. Nel braccio di ferro con il governo, mentre i militanti hanno bloccato parte della capitale, l’esecutivo, pur di porre fine pacificamente alle manifestazioni, ha dovuto firmare un memorandum di intesa, che a molti osservatori è parso di stampo ricattatorio. Nel testo il governo si impegnava a non modificare in alcun modo la legge di blasfemia e, tra i punti citati, vi era anche un esplicito riferimento al caso di Asia Bibi.

 

In Pakistan il suo è divenuto un caso simbolico, che esula dalla realtà fattuale e dall’accertamento della innocenza o colpevolezza. «I radicali islamici vogliono solo che venga impiccata , come è stato giustiziato Mumtaz Qadri, l’ex guardia del corpo e omicida reo confesso del governatore Salmaan Taseer, un coraggioso uomo politico musulmano che aveva difeso Asia. Nella loro logica ostinata, mettono sullo stesso piano un killer e una innocente», rileva Nadeem.

 

Tuttavia, il finale della storia è ancora da scrivere. «Abbiamo fiducia piena nello stato di diritto e nella magistratura pakistana. Il caso è molto chiaro ed è artefatto. Siamo convinti di poter dimostrare alla Corte Suprema l’innocenza di Asia Bibi», osserva a Vatican Insider Saiful Malook, 60enne avvocato musulmano di Lahore, che guida la difesa di Asia Bibi. Nove anni dopo quel fatidico 19 giugno 2009, giorno dell’arresto, la vita della donna cristiana è nelle mani di un professionista di fede islamica, il legale che la rappresenta ufficialmente davanti alla Corte Suprema. Malook ribadisce di «credere nella giustizia e di non fare alcuna discriminazione nella scelta dei suoi clienti».

 

Potrebbe sembrare paradossale, ma non lo è: la presenza di Malook serve anche a sgonfiare il caso dai significati religiosi e a riportarlo sul piano del diritto e dell’accertamento di una verità fattuale. Asia non ha mai voluto offendere nessuno, tantomeno il profeta Maometto, ed è vittima di una macchinazione ordita ai suoi danni, operata, tra l’altro, strumentalizzando la fede islamica. Il suo è un caso evidente di abuso della legge di blasfemia, come tanti altri che accadono in Pakistan. «Pochi sanno – chiosa Nadeem – che, nei primi tempi in cui era giunta a Lahore, la famiglia di Asia Bibi è stata ospite di una famiglia musulmana di buona volontà, che ha offerto tutta la sua amicizia e solidarietà. Grazie a questi ed altri angeli custodi oggi siamo qui a pregare e sperare».

Paolo Affatato – VaticanInsider

23 Febbraio 2018 | 07:30
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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