Ticino e Grigionitaliano

Anche la realizzazione di mascherine tra le attività dei monasteri ticinesi nella pandemia

Mesi di pandemia vissuti sotto un cielo «più blu» e dentro un silenzio «più profondo del solito, quasi tombale ». È questa la quotidianità di cui ci raccontano le monache del monastero S. Giuseppe di Locarno-Monti, quando, alcuni giorni fa, le chiamiamo per sentire dalla loro viva voce come la comunità ha trascorso, dietro le mura della clausura, queste settimane di «stallo». Il monastero, dalla sua posizione, domina la città di Locarno e permette alle sorelle, durante i lavori in giardino o nei momenti di «ricreazione», di spaziare con lo sguardo su tutto il Locarnese. Ed è proprio «osservando» – o, forse, «contemplando» – che le sorelle hanno percepito che il mondo stava cambiando:

«Un cielo tanto terso non lo avevamo mai visto né avevamo mai sentito la città tanto silenziosa; qualcosa stava cambiando», ci racconta madre Anna.

Cambiamenti accompagnati dalla perseverante preghiera delle consorelle, che hanno fatto loro, paure e speranze dell’intera popolazione ticinese. «In Quaresima abbiamo sospeso le visite al parlatorio, come sempre, ma seguivamo l’evolversi della situazione dai giornali e da internet. A livello comunitario non è cambiato molto, i gesti di solidarietà che ci hanno aiutato ad andare avanti, anche dal punto di vista pratico, non sono mancati».

Di tanta solidarietà e motivi per alimentare il fuoco della speranza ci raccontano anche le Clarisse del monastero dei Ss. Francesco e Chiara a Cademario: «Fin da subito ci sono state persone amiche che si sono offerte di andare a fare la spesa per nostro conto e, ultimamente, fratelli e sorelle conosciuti – o anche fino ad allora sconosciuti! – che si sono preoccupati di come potevamo stare e con offerte di denaro e di ogni genere di alimenti ci sono venuti in aiuto, portandoci anche le piantine per l’orto, racconta madre Chiara Myriam. Ma «reinventarsi », a causa della pandemia, ha significato anche scoprire la possibilità di mezzi di sussistenza totalmente nuovi: «In concreto, pur continuando il servizio di sacrestia per alcune chiese di Lugano e il confezionamento di alcuni paramenti liturgici, un po’ di tempo fa ci era stata chiesta la disponibilità a fare delle mascherine. La cosa in sé si è fermata, ma ci sta spingendo a considerare la possibilità di un lavoro comunitario nuovo, che possa sostenerci, facendo qualcosa per «l’utilità comune» e permettendoci anche di continuare a restituire, goccia dopo goccia, il debito che abbiamo relativo alla costruzione della nostra casa».

Mentre a Locarno-Monti le carmelitane hanno potuto riprendere come nel resto della diocesi le celebrazioni insieme ai fedeli, nella cappella di Cademario, date le dimensioni, questo non è ancora possibile: «Certo, è una mancanza per noi non vivere l’Eucarestia con i fratelli, ma abbiamo riscoperto la potenza della preghiera e dell’offerta silenziosa a cui siamo chiamate».

Infine, sia madre Myriam che madre Anna ricordano l’elemento essenziale per vivere al meglio questo periodo di attese e paure: la fiducia, in Dio e nella nostra capacità di relazione. «Nella Sacra Scrittura si parla di «un resto», di un pugno di lievito, perché tutta la pasta possa lievitare per diventare pane per tutti. Desideriamo insieme a tutti raccogliere questa provocazione, sentendo un invito ad una responsabilità ancora più grandi nel vivere la vita che abbiamo abbracciato;

davvero questa pandemia e questo tempo possiamo solo affrontarli insieme, come persone chiamate a relazioni di fiducia, di condivisione, di comunione».

Laura Quadri

8 Giugno 2020 | 07:13
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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