Il Sinodo
Chiesa

Amoris laetitia, l’accoglienza incondizionata dei vescovi belgi

Continua l’analisi dell’Amoris laetitia alla conclusione dei due Sinodi sulla famiglia da parte degli episcopati (o anche di singoli vescovi) con relativa pubblicazione delle linee guida operative a livello di singola realtà locale. Mentre fa notizia la perplessità di alcuni – come le annunciate riserve dei vescovi polacchi o quella esplicita dell’arcivescovo di Philadelphia, Charles Joseph Chaput – rischiano invece di passare sotto silenzio le ricezioni che accolgono con favore le parole, e soprattutto lo spirito, dell’esortazione apostolica di Papa Bergoglio, quasi a sancire il volto di una Chiesa inclusiva che spesso è già una prassi ben radicata, e prevalente.

Non sempre alle riflessioni ha fatto seguito, almeno finora, un documento scritto: è il caso della conferenza episcopale delle diocesi nordiche (Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia) i cui vescovi si sono incontrati due mesi fa per una Giornata di studio ad Amburgo in Germania sotto la guida di due esperti come il teologo morale Eberhard Schockenhoff docente a Friburgo (anche autore di un testo su «La Chiesa e i divorziati risposati», Queriniana 2014) e Andreas Wollbold teologo pastorale a Monaco di Baviera (la scelta degli esperti è già un’indicazione degli orientamenti pastorali).

 

Sono invece diventate una Lettera pastorale – indirizzata a «tutti i preti, diaconi, animatori e animatrici pastorali» – le linee guida indicate dai vescovi belgi in un documento snello di sole cinque pagine (uniche citazioni dal testo di papa Francesco) che inizia con il consueto tono informale della Mitteleuropa: «Cari amici». Un testo in stile colloquiale dove l’autorevolezza del pastore si esprime con l’affetto paterno che propone senza imporre. Ma dove soprattutto si dichiara una perfetta sintonia con Papa Francesco, cui viene riconosciuta «una grande capacità di sapersi mettere in gioco quando affronta il tema del matrimonio e della famiglia, della genitorialità e dell’educazione, della gioia e della fragilità e soprattutto dell’amore».

 

Pur nell’intento di individuare alcuni nodi pastorali sui quali concentrare l’attenzione, e il lavoro delle comunità, i vescovi non perdono l’occasione per una premessa per rimarcare, se mai ce ne fosse bisogno, lo sguardo di Dio sull’amore umano e il dono «prezioso» del matrimonio («non un rito vuoto o un semplice segno sganciato da ogni impegno») e della famiglia, «il primo luogo dove gli esseri umani imparano cosa vuol dire vivere e soprattutto cosa significa vivere insieme».

Ma è soprattutto la riflessione contenuta nel capitolo IV– dove si prendono le mosse dall’»Inno» alla carità di san Paolo – che viene definito «particolarmente bello», tanto che i vescovi confessano di aver chiesto esplicitamente diventasse un capitolo a parte perché la loro missione è quella di «riscoprire il valore del matrimonio e sostenerlo». Questo «non diventare una mera difesa di una dottrina fredda e senza vita» (AL 59) perché, al contrario, la chiave di lettura l’ha già fornita il Papa ed è la «gioia dell’amore». Ed è qui che si innesta il tema della fedeltà: «Il legame indissolubile tra uomo e donna non dovrebbe essere inteso come l’imposizione di un «giogo» quanto piuttosto come un dono e una grazia di cui Dio stesso vuole essere il garante».

 

Diverse le implicazioni a livello pastorale in particolare nell’ottica della modalità di porsi come Chiesa in quanto «l’atteggiamento pastorale che Papa Francesco adotta in questo settore è applicabile anche in tutti gli altri settori della pastorale». Pur consapevoli che tutto il settore amore-matrimonio-famiglia fa già parte integrante della «cura» della comunità ecclesiale in Belgio nel suo complesso, tre sono gli ambiti sui quali i vescovi chiedono di concentrare l’attenzione: la preparazione al matrimonio, il sostegno alle famiglie, in particolare alle giovani coppie, e l’atteggiamento nei confronti di quelle persone il cui rapporto sponsale è andato in pezzi.

 

«Oggi non è più di moda essere cristiani, e neppure sposarsi e a maggior ragione sposarsi in Chiesa. Per questo quando una coppia manifesta l’intenzione di celebrare un matrimonio cristiano, dobbiamo accoglierla con gioia e riconoscenza», perché «la gioia dell’amore che si vive in famiglia è anche la gioia della Chiesa» (AL 1). Tuttavia la situazione sociale e le sfide da affrontare da parte delle famiglie sono così dirompenti che diventa quanto mai necessario far comprendere appieno il passo che si compie con la richiesta del matrimonio cristiano.

 

Come accade per quanti chiedono il battesimo, la proposta è quella di un «catecumenato per il matrimonio»: anche se i pastori riconoscono che forse sarebbe eccessivo un percorso «così esigente», ma «una preparazione solida e intensa», che non potrà essere unica per tutte le situazioni, diventa sempre più necessaria. Così come alcuni contenuti di base da integrare poi, caso per caso (così da evitare un «approccio troppo minimalista»): cosa significa essere cristiani oggi, il significato del matrimonio e di una famiglia cristiani, la preparazione della liturgia del matrimonio. Tutt’altro che indifferente la scelta degli operatori: accompagnatori disponibili al dialogo e, in particolare, coppie di sposi «testimoni» del cammino che anch’essi hanno compiuto e stanno ancora percorrendo.

 

E, proprio per via delle sfide di oggi («I cristiani che si sono sposati in Chiesa e hanno costruito una famiglia cristiana si trovano spesso a vivere nella dispersione») o, come accade spesso, a causa delle forti pressioni negative quali difficoltà sul lavoro, perdita stessa del lavoro o altre forme di disagio psicologico, le coppie di sposi non si abbandonano una volta conclusa la celebrazione. Pertanto, ammoniscono i vescovi, «sono da incoraggiare tutte le iniziative all’interno delle quali le coppie e le famiglie giochino un ruolo attivo», quali, ad esempio, liturgie appositamente rivolte a famiglie aperte anche alla partecipazione dei piccolissimi come dei nonni per rinsaldare i legami familiari, oppure, dove è possibile, prevedere il coinvolgimento delle famiglie in occasione della richiesta dei sacramenti di iniziazione cristiana e relativa catechesi. E, su tutto, la consapevolezza, e la valorizzazione, del ruolo stesso della famiglia, Chiesa domestica, all’interno della quale i più piccoli vengono a conoscenza di un Vangelo incarnato nella vita quotidiana perché è nella famiglia che ci si accoglie e ci si aiuta l’un l’altro a partire dai due sposi fino ai più vulnerabili, nei momenti belli e in quelli tristi, nella salute e nella malattia.

 

Nonostante una buona preparazione e magari anche un accompagnamento della comunità, il matrimonio resta «particolarmente bello e particolarmente fragile» e una relazione può rompersi: una realtà che i vescovi definiscono «una grande pena» e non solo per la coppia. Ma è proprio qui che si deve concentrare la missione della Chiesa e la pastorale per «sostenere e accompagnare con discrezione queste persone» nell’ottica di quell’ospedale da campo di cui parla Bergoglio. Nel testo si esprime riconoscenza per tutte quelle iniziative già in atto nelle diocesi del Belgio rivolte ai separati e divorziati che i vescovi sostengono e incoraggiano ricordando come «Dio non ritira mai il suo amore verso tutti gli uomini, nessuno escluso».

 

Accoglienza quindi incondizionata, senza dimenticare la questione dei divorziati risposati e il loro «desiderio» di accostarsi all’Eucaristia. E qui i vescovi accolgono, sembrerebbe quasi con sollievo, la soluzione proposta dal Papa: «Non si può stabilire per decreto che tutti i divorziati risposati possano avere accesso alla comunione, ma non si può neppure stabilire che tutti ne siano di fatto esclusi». Nella logica del discernimento – riconosciuto concetto chiave della novità di Amoris laetitia – occorre pertanto «una decisione pastorale assunta in coscienza», resa possibile previo cammino di accompagnamento di un prete, un diacono o un altro operatore appositamente formato perché «non si può escludere a priori l’aiuto alla coppia che viene fornito da un sacramento come l’Eucaristia», né tanto meno, immaginare che un secondo matrimonio, anche per il bene dei figli, divenga, di fatto, un rapporto sponsale dimezzato.

 

«Tra il lassismo e il rigorismo il Papa ha scelto la via del discernimento personale e di un’attenta decisione in piena coscienza», concludono i vescovi belgi citando ancora una volta Bergoglio («che ci mostra un percorso di speranza e di fiducia»): «Credo sinceramente che Gesù vuole una Chiesa attenta al bene che lo Spirito sparge in mezzo alla fragilità: una Madre che, nel momento stesso in cui esprime chiaramente il suo insegnamento obiettivo, «non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi col fango della strada»» (AL 308).

Maria Teresa Pontara Pederiva (VaticanInsder)

Il Sinodo
21 Giugno 2017 | 17:59
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