Al Museo della parrocchia di Ascona una mostra su Dante Alighieri

Il museo d’arte sacra della parrocchia di Ascona, situato nell’antico oratorio dei Santi Fabiano e Sebastiano, a due passi dal Collegio Papio, accoglie il visitatore con una vasta gamma di oggetti esposti: testimonianze archeologiche, figurative, liturgiche relative alla vita parrocchiale di un tempo e non solo. Quest’anno, però, il museo accoglie anche una mostra pensata per celebrare i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. La sua destinazione incuriosisce: l’esposizione è infatti dedicata, come recita il prospetto illustrativo, «ai viaggiatori in cerca di riferimenti». Se «viaggiatore» è qualsiasi uomo in cammino su questa terra, i «riferimenti», gli spunti, le suggestioni, invece, provengono dagli acquarelli dell’artista genovese Amos Nattini, che può essere considerato uno dei più significativi illustratori danteschi del Novecento. Egli, a partire dal 1919, con l’avvicinarsi del sesto centenario della morte di Dante (1921), incoraggiato dal poeta Gabriele D’Annunzio, lavorò – partendo dall’Inferno e procedendo in ordine di canto – a una grandiosa serie di cento tavole (una per ogni canto, dalle dimensioni di 80 cm per 60) da far confluire in una speciale edizione della Divina Commedia, la cui realizzazione sarebbe durata vent’anni. Ad oggi, nel mondo, di queste opere non se ne contano che poche copie: i grandi e sontuosi volumi (uno per ogni cantica), stampati dalla Casa Editrice Dante, furono riprodotti in soli mille esemplari numerati. Uno di questi arriva negli anni Sessanta del secolo scorso nelle mani del nonno di Rolando Pancaldi, oggi vice presidente del consiglio parrocchiale di Ascona nonché curatore del Museo parrocchiale: «Mio nonno, commerciante di vasellame, si era recato a Firenze per i suoi commerci, nello stesso periodo in cui gli eredi di un nobile fiorentino stavano cercando di vendere i suoi possedimenti. Tra questi si trovava proprio una copia dell’opera di Nattini, che mio nonno non esitò ad acquistare». Pancaldi è alla sua quinta mostra organizzata per il Museo, ma a questa ci teneva particolarmente: «Ho scelto di soffermarmi sul Purgatorio, la seconda delle tre Cantiche della Commedia dantesca, pur possedendo anche gli acquarelli dell’Inferno e del Paradiso. Non mi sentivo all’altezza delle altre due cantiche: il Paradiso è molto teologico, tratta temi difficili, mentre l’Inferno ci mostra l’irreparabile, altro concetto difficile da assimilare ma soprattutto da accettare. Il Purgatorio invece, rappresenta al meglio la nostra condizione, già sulla terra: è la consapevolezza di percorrere un «passaggio», con la speranza finale della pace». Se Dante, per attraversare l’Inferno, è dovuto scendere fino alle viscere della terra, il Purgatorio si presenta invece come una montagna. A ogni passo, il poeta vi incontra diverse tipologie di anime purganti, colpevoli di essersi macchiati di uno dei sette peccati capitali: superbia, invidia, ira, accidia, avarizia, gola o lussuria. Movimento, prospettive dinamiche, un’anatomia che si ispira a Michelangelo, sono le caratteristiche adottate dal Nattini per illustrare queste anime: «Vent’anni per finire un’opera non sono pochi», sottolinea bene Pancaldi. «La bravura del Nattini è sotto gli occhi di tutti: ogni disegno emana un senso di studio e precisione». Percorso il Purgatorio, Dante approda al paradiso terrestre, nel quale Pancaldi ci aiuta con entusiasmo a identificare una figura in particolare: Matelda. «Matelda sorride e raccoglie fiori; la sua funzione è quella di far immergere Dante nel fiume chiamato Lete, affinché si purifichi definitivamente prima dell’entrata in Paradiso e dimentichi il ricordo del peccato. Ma lo fa anche bere alla sorgente dell’Eunoé, in modo che quell’acqua lo rafforzi nelle virtù. È simbolo, insomma, della grazia divina, di cui riassume in sé tutta la bellezza e la bontà». Nel 2015, a 750 anni dalla nascita di Dante, gli acquarelli di Pancaldi sono stati anche oggetto di una mostra al Museo comunale d’arte moderna di Ascona, ma questa nuova esposizione si contraddistingue per un’intenzione di fondo diversa: «È Dante stesso, nell’altra sua celeberrima opera, il Convivio, a introdurci nella lettura della Commedia, spiegando che vi sono diverse letture possibili della sua opera. Semplificando, potremmo dire che le possibilità sono due: o restare ancorati alla lettera, trattando la Commedia come un bel racconto di fantasia, oppure sforzarsi di intravedere dietro le parole un significato metafisico e una lezione spirituale. Il Purgatorio dantesco è il regno dell’aria aperta e luminosa, ci insegna il senso ultimo del nostre fatiche: coltivare la speranza». A un certo punto della sua carriera, Nattini – ci spiega Pancaldi – sceglie di ritirarsi nei pressi di Parma, in un ex eremo benedettino. È proprio in tale luogo che l’artista – iniziata la Prima guerra mondiale, in solitudine e a proprie spese – porta a compimento il proprio lavoro. «La Commedia del Nattini testimonia a sua incrollabile fiducia, a dispetto dei tempi, nelle possibilità dell’uomo di rispondere con l’arte ad ogni orrore. Questo può valere anche per il periodo che stiamo attraversando», conclude Pancaldi.


La mostra, ad ingresso libero, è aperta il giovedì, venerdì e sabato dalle ore 17 alle 18.30. Su prenotazione (allo 079 639 46 76 ogni giorno dalle 18 alle 19 o scrivendo a info@parrocchiaascona.ch) sarà possibile accedervi fino alla fine dell’anno.


Laura Quadri

14 Settembre 2021 | 09:56
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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