Ticino e Grigionitaliano

Ai Vesperali in Cattedrale un omaggio alla fondatrice del Teatro S. Materno di Ascona

Affascinato dai suoi movimenti durante la danza, Gabriele D’Annunzio la chiamava la «Santa ballerina» ma Charlotte Bara (1901-1986) è stata per tutti, soprattutto nel Locarnese, oltre che la storica fondatrice del teatro San Materno, la protagonista di indimenticabili sessioni di danza sacra nell’Ascona del secolo scorso. A lei la Compagnia Teatro-Danza di Tiziana Arnaboldi (direttrice attuale del San Materno), su invito dell’Associazione Amici della Musica in Cattedrale, dedica l’appuntamento inaugurale dei Vesperali, oggi, domenica 6 settembre, alle ore 18 presso la Cattedrale di S. Lorenzo a Lugano. Nel programma di sala, che verrà distribuito ai partecipanti, il musicologo Carlo Piccardi – membro del comitato organizzatore dei Vesperali – illustra la vita e il pensiero della danzatrice. «Charlotte Bara è un’esponente della danza libera – spiega Piccardi – movimento affermatosi all’inizio dell’Ottocento e svincolato dalla danza accademica, verso la quale si distingueva per l’adozione di movimenti appunto molto sciolti, capelli sciolti e i piedi nudi». Il Ticino si trovò in prima fila in questa evoluzione, per avere ospitato al Monte Verità di Ascona Rudoph von Laban e Mary Wigman. Con la sua apparizione ad Ascona negli anni Venti, Charlotte Bara consolidò questa tendenza. Partecipò diverse volte alla Festa delle camelie di Locarno e, dopo la costruzione del Teatro San Materno, ne fu l’anima con i propri spettacoli. «La danza sacra – continua lo studioso – è da inquadrare nell’esperienza estetica del simbolismo di fine Ottocento, come reazione alla stagione del realismo e del naturalismo. Non si trattava di un’adesione organica alla fede religiosa, ma piuttosto di un processo di ricerca che si appoggiava alla religione per risalire alla dimensione spirituale dell’arte; quella dimensione che l’esperienza del naturalismo aveva ignorato. I significati delle danze di Bara, infatti, non erano direttamente riferiti ai valori religiosi, ma vi approdavano attraverso il riflesso dell’arte pittorica medievale a cui si ispirava per i suoi gesti e le sue movenze. Charlotte descrive questo avvicinamento al sacro già quando, a sei anni, frequenta il Collegio Sacré-Coeur a Bruxelles: «Un giorno – scrive – appena fuori dall’aula scolastica cominciai a camminare sulla punta dei piedi come se mi alzassi in volo avvicinandomi meglio agli angeli che speravo di incontrare». Nel collegio trascorreva ore intere a contemplare le statue dei Santi, di Gesù, di Maria, le cui vite narrate nelle Sacre Scritture la toccavano nel profondo del suo animo». Proprio a questo proposito,sono anche da ricordare i rapporti con i padri benedettini del Collegio Papio. «Grazie a loro l’artista venne chiamata a Einsiedeln per allestire la scena della «Ridda degli angeli» nell’opera teatrale del drammaturgo e religioso spagnolo Pedro Calderon de la Barca, «Il gran teatro del mondo»». Charlotte Bara, nata ebrea, scelse anche di diventare cattolica facendosi battezzare proprio ad Ascona. Nelle sue memorie, scritte da battezzata, ci viene descritto come la danzatrice sentisse particolarmente suo il mistero della Via Crucis: «Mi immaginavo avvolta in una grande mantella rosso scuro che muovendosi sviluppa ampie pieghe gotiche. Prendevo anche un asse sulle mie spalle come se fosse una croce. Fu utile alla mia ricerca di Cristo».

Laura Quadri

4 Settembre 2020 | 12:00
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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