Internazionale

Africa: Gambia «is back»

Si dice che il dittatore del Gambia Yahya Jammeh, al potere dal 1994 a seguito di un colpo di Stato e incredibilmente sconfitto nelle elezioni tenutesi lo scorso 2 dicembre da una coalizione democratica guidata da Adama Barrow, abbia lasciato il Paese compiendo gli ultimi gesti di disprezzo e incuranza verso il proprio popolo. Con lui e la famiglia, sull’aereo che li ha condotti in esilio permanente in Guinea Equatoriale, sembra ci fossero anche 11 milioni di dollari prelevati dalle casse già esangui della Banca Centrale Gambiana, mentre su un cargo canadese sarà spedita la sua collezione di auto di lusso.

Ma per la popolazione, vessata per 22 lunghissimi anni da questo tiranno convinto di avere poteri paranormali e noto per aver attuato ogni forma di repressione verso gli oppositori, i giornalisti, i gay, le minoranze e trasformato lo Stato più piccolo del continente africano – neanche 2 milioni di abitanti – in una sorta di lager dove povertà e soppressione dei diritti si aggiungevano a campagne di sparizioni, è il momento della festa. Le strade di Banjul, la capitale, e di ogni angolo del Paese, dal 20 gennaio, quando Barrow ha giurato, e per tutti i giorni seguiti alla ›cacciata’ del tiranno dal Paese (22 gennaio), si sono riempite di gente, cui si è unito l’esercito, ancora incredula per il corso degli eventi: il dittatore, infatti, dopo una prima accettazione del verdetto delle urne, a metà dicembre ha annunciato che avrebbe ricusato il risultato elettorale e fatto ricorso alla Corte Costituzionale (peraltro da tempo non operativa), proclamandosi ancora una volta vincitore.

Con Yammeh in Guinea e il nuovo presidente rientrato a Banjul dal Senegal, dove è stato ospitato per evitare scontri e ha giurato, è tempo di voltare definitivamente pagina per il piccolo Paese africano, modello di democrazia conquistata a fatica e senza spargimento di sangue. I problemi, a cominciare dalle finanze e dalla sostanziale mancanza di strutture istituzionali democratiche, sono molti. Ma la capacità di attrarre attenzione e supporto dall’intera comunità internazionale e la saldezza dimostrata dagli uomini e le donne usciti vincitori dalle urne nel mese e mezzo di forte tensione e instabilità venutesi a creare a seguito del rifiuto dell’ex presidente-dittatore di lasciare il potere, fanno ben sperare. Tra questi, spicca il portavoce di Barrow, Halifa Sallah, vicinissimo al presidente che, al ruolo di vice (affidato a una donna, Fatoumatta Tambajang), ha preferito svolgere quello di consigliere e coordinatore della coalizione in questo delicatissimo momento di transizione. Raggiunto da Vatican Insider, parla delle nuove prospettive, le sfide che attendono l’esecutivo, dei primi passi che muoverà per costituire le istituzioni – che dall’indipendenza (1965) non hanno mai avuto un carattere compiutamente democratico – e ristabilire giustizia e pace in un Paese tormentato per decenni.

«La nostra è stata una rivoluzione pacifica, senza violenze. Abbiamo chiamato il popolo alla calma, chiesto a tutti di rispettare lo stesso Yammeh e di considerarlo fino al 20 gennaio (giorno dell’insediamento del nuovo presidente, ndr) il loro leader. Sapevamo che la situazione era in equilibrio precario e che una minima scintilla avrebbe scatenato l’incendio». La popolazione e la società civile, anche grazie all’impegno della Chiesa Cattolica che ha sempre sostenuto il cambiamento e la democrazia, hanno risposto all’appello e sono rimaste col fiato sospeso per molti giorni, senza, però, cedere a tentazioni violente. «Finalmente potremo costruire una società senza discriminazione, divisioni etniche, linguistiche, di genere o religiose (il regime aveva introdotto il reato di omosessualità aggravata che poteva condurre all’ergastolo mentre nel 2015 ha dichiarato il Gambia nazione islamica ed era a un passo dall’introdurre la Shari’a come legge di Stato, ndr), saremo inclusivi e nessun gruppo si sentirà diverso».

Quali saranno le prime misure che l’esecutivo intraprenderà?

«Intanto abbiamo riaperto le scuole e i lavori dell’amministrazione pubblica sono ripresi a pieno regime. Poi tutti i detenuti politici senza processo – molti dei quali avevano subìto torture in carcere – sono stati liberati. Abbiamo chiesto a tutti i partiti, la popolazione, la società civile, anche ai vecchi sostenitori di Yammeh, di aiutarci perché dobbiamo ripartire da zero. Tutti i media sono stati riaperti e hanno ricevuto il permesso di tornare a essere pienamente operativi. Sono stati nominati consiglieri speciali del presidente che non avranno poteri esecutivi ma di controllo delle istituzioni, della banca centrale. Chi vince le elezioni, da ora in poi, resterà in carica per tre anni e sarà soggetto solo al giudizio del popolo».

Alcune fonti riportano che Yammeh, prima di andarsene abbia dato fondo alle casse…

«In realtà non si ha la certezza di questa notizia. E proprio per restaurare democrazia e giustizia, non possiamo cedere a sospetti finché non siano stati provati. Abbiamo ordinato un’inchiesta e la polizia, così come autorità della Banca Centrale, fino ad oggi hanno smentito che siano stati prelevati tutti quei soldi. Speriamo che siano ancora a disposizione del nostro popolo».

In pochi casi un dittatore viene esautorato democraticamente e senza spargimento di sangue, il vostro, oltre che per la vostra nazione, può essere un modello per molti altri Stati. Qual è il vostro segreto?

Abbiamo avuto fiducia nel popolo, abbiamo mantenuto la calma, anche quando tutto sembrava nuovamente perduto, ed esaltato i valori repubblicani. Per fortuna la comunità internazionale, a partire dall’ECOWAS, l’UA, cui si sono aggiunti immediatamente anche l’ONU e la UE, ha compreso fin da subito il carattere democratico e inclusivo della nostra proposta e ci ha sostenuto. E ora, come ha detto il nostro Presidente, ›Il Gambia è tornato’.

(Luca Atanasio / Vatican Insider)

 

27 Gennaio 2017 | 08:04
Tempo di lettura: ca. 3 min.
africa (178)
Condividere questo articolo!