La paura di amare

La paura di amare di Jean Vanier

San Paolo edizioni – 2015 – p.123

Di Francesca Savoldelli

A Jean Vanier l’esperienza dell’Arca ha dato e richiesto molto. Ha rimosso quella «paura d’amare» e ha dato la possibilità di donare questo sentimento agli emarginati, che ne hanno tanto bisogno. A questa comunità  appartengono persone soprattutto con disabilità mentali che vanno dalla psicosi alla depressione. Forse non guariranno mai, ma non è questo l’obiettivo: si tratta di dare loro una qualità di vita in cui possano amare e condurre un’esistenza dignitosa. È nei membri dell’Arca che Jean Vanier riscopre un’insospettata voglia d’amare e di tenerezza, però allo stesso tempo questa «accoglienza» risveglia in lui sentimenti tormentati, poiché non è sempre facile vivere con i deboli o con i poveri.  Secondo Vanier ognuno di noi ha bisogno di sentirsi dire «tu sei unico per me», abbiamo sete di amare ed essere amati. Ma non è semplice, in questo fortissimo sentimento si nascondono anche altre emozioni: gelosia, odio, dipendenza, paura del rifiuto. C’è una sorta di «ferita» nella quale sono nascoste le nostre tenebre e paure, oltretutto abbiamo difficoltà ad accettarci per quello che siamo, rifiutiamo le nostre debolezze e ignoranze. Vanier invita ad accettare di essere deboli perché è nelle nostre fragilità che scopriamo la presenza di Dio e  scrive quindi: «amare è aiutare la persona a diventare più libera, a essere se stessa, a scoprire la propria bellezza, a scoprire che è una fonte di vita». In una società che cerca sempre il successo, rendersi realmente utili e fare qualcosa di valido non è sempre compreso e forse l’Arca non è stata sempre ben vista in questo senso. Lì vengono raccolti, come dice Vanier «quelli che sono stati rifiutati», sopportati «quelli che sono considerati insopportabili». Eppure essi rappresentano «un mezzo per arrivare a qualcosa di più profondo»: l’incontro con Dio. Vivere in povertà con i poveri significa vivere con Gesù, il più povero che «ci guida direttamente al cuore di Dio». Questo libro ci porta a non aver timore di amare i deboli, quelli meno fortunati di noi. Dobbiamo essere accoglienti, ispirare fiducia, saper perdonare, suggerisce la testimonianza di Vanier. Gesù soppianta la piramide sociale alla quale siamo abituati (sopra  i potenti e i privilegiati e in basso i deboli e gli esclusi), i deboli sono «al cuore»; ci fa scoprire la compassione, ovvero «essere con coloro che soffrono, che si sentono abbandonati da tutti, disprezzati, reietti». Possiamo quindi portare questo amore e questa fiducia che rassicura, fortifica e dà coraggio a chi ne ha più bisogno. Gesù è proprio racchiuso in queste persone. Come è scritto sul retro di copertina del volume «la lotta genera lotta, come la paura genera paura. Invece la pace e l’amore generano la pace e l’amore».  Quindi non possiamo fare altro che amare.

 

Jean Vanier

Nato nel 1928, figlio del governatore del Canada e, da giovane, ufficiale di Marina, ha dedicato la sua vita all’accoglienza di persone con disturbi psichici e disabilità fisiche. Ha fondato l’Arca (sono 135 le comunità in 33 paesi) e Fede e Luce, associazioni dedicate alle persone con handicap.

9 Marzo 2015 | 18:00
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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