Stella N'Djoku

Quella Grazia che aiuta a vivere. Perché (non) leggere Una donna pericolosa di Jill Alexander Essbaum

di Stella N’Djoku

Titolo: Una donna pericolosa
Autore: Jill Alexander Essbaum
Data di pubbl.: 2016
Casa Editrice: Feltrinelli
Traduttore: S. Rota Sperti
Pagine: 298
Prezzo: 16 euro

Ho letto un libro in queste ultime settimane: facile da leggere, tanto che l’ho finito in due giorni! Si intitola Una donna pericolosa ed è un libro dell’americana Jill Alexander Essbaum.
Il titolo e la copertina potrebbero trarre in inganno, perché Una donna pericolosa sembrerebbe preannunciare storie di crimini, avvelenamenti, inseguimenti e tutto quello che si trova in un giallo o simili; ma non ha nulla di tutto questo.
Il titolo originale, Hausfrau, sarebbe stato, anche nella versione italiana, sicuramente più composto e pregnante, soprattutto perché «Hausfrau», dal tedesco, significa casalinga e questo romanzo parla proprio di una casalinga in preda alla noia e ad una «fottuta infelicità».

«Anna seguì il sentiero finché raggiunse una panchina in cima alla collina. Quella collina, quella panchina, le molte, moltissime fughe a notte fonda… Anna non avrebbe saputo dire quante volte era salita lungo quel sentiero solo per andare a sedersi lì. Con la pioggia, con la neve. Nei fine settimana o nei giorni feriali. In notti di assoluta disperazione. Notti in cui l’aria era insensibile o brutale. Quando il dolore orribile della solitudine le addentava il collo. Quando il paesaggio e il suo cuore ferito avevano la meglio su di lei. Questa era la sua panchina. La panchina dove veniva a sedersi e a piangere.»

Anna è un’americana trapiantata a Zurigo dopo il matrimonio con uno svizzero, Bruno Benz, banchiere alla Credit Suisse. Da nove anni vive in quella città col marito e i suoi tre figli, Charles, Victor e Polly Jean. La routine zurighese, tra le montagne «opprimenti», il lago e la «ricchezza svizzera» la deprimono a tal punto da chiedere un consulto psicologico alla dottoressa Messerli, che le dirà che «una donna sola è una donna pericolosa. Una donna sola è una donna annoiata. Le donne annoiate agiscono d’impulso.», e la esorterà a frequentare un corso di tedesco. Da qui in poi, Anna Benz cercherà in ogni modo di sfuggire alla noia, attraverso avventure sessuali con alcuni uomini a cui si concederà con estrema facilità per sentirsi delle mani addosso, «un bisogno di essere posseduta e violata da uomini diversi per sentirsi viva: ma senza felicità».
Da queste storie di amore e sesso cominceranno a scattare in Anna dei moti di quasi-pentimento, i sensi di colpa la divoreranno e quella che avrebbe potuto essere una vita felice in uno dei luoghi «migliori al mondo» si trasformerà in un caos e nella tristezza e apatia più assolute. Fino alla fine.

Il romanzo, che è stato paragonato a Anna Karenina e Madame Bovary, e che con tre edizioni in pochi giorni, tradotto in tutto il mondo e pubblicato in 19 paesi, è diventato uno dei bestseller più attesi in America, ricorda senza dubbio, oltre alle eroine della letteratura citate, con le quali ha in comune il tema del tradimento, la disperazione e la sorte (anche i nomi di Charles in Madame Bovary e di Anna in Anna Karenina possono essere dei colti rimandi), il film Nymphomaniac di Lars von Trier. Vi si trova lo stesso squallore e lo stesso malessere della protagonista, che vive, come unico sfogo alle proprie frustrazioni, una sessualità disordinata e convulsa, e genera a sua volta malessere e rabbia in chi le sta accanto: come Jo in Nymphomaniac, anche Anna, la «donna pericolosa» a un certo punto dovrà decidere se continuare la sua vita da «buona moglie» e Hausfrau, oppure se continuare con le sue avventure.
Addirittura la costruzione è la stessa: il dialogo con la psicologa, la dottoressa Messerli, alla quale si racconta (in Nymphomaniac i dialoghi tra Seligman e Jo), i paragoni tra la sua storia ed elementi naturali e aneddoti dotti (il fuoco, la chiesa medievale…), le storie parallele con il marito, gli amanti e l’uomo della sua vita. Si può ritrovare nello svolgimento anche il von Trier di Antichrist (nelle scene contemporanee del rapporto sessuale e della morte del figlio).
Il libro abbonda purtroppo di cliché sulla Svizzera, che viene descritta come luogo in cui si mangiano solo formaggio e Rösti e non c’è null’altro se non banche, soldi, cioccolata, coltellini (Messerli, il cognome della dottoressa significa proprio questo), bambini «dal colorito sano e cresciuti a latte», e l’utilizzo forzato di tutte quelle parole in svizzero tedesco (altra similitudine con Anna Karenina, nel quale c’è un forte utilizzo di termini francesi poiché la si riteneva lingua colta) rischiano di far risultare ridicoli anche i momenti più tristi del romanzo per l’uso eccessivo. Stesso discorso vale per le scene di sesso, al limite del grottesco e con dialoghi piuttosto trash.

Ve lo recensisco perché, anche se la storia rimane inconsistente fino alla fine, nell’ultimo capitolo si riesce finalmente a sentirsi commossi: 32 pagine in cui si riuscirà a vedere che Anna Benz non è solo una donna dissoluta e subordinata ai suoi capricci. Si legge l’umanità ferita di una donna lasciata sola nella sua così umana pochezza, si legge che veramente questa sessualità disordinata era l’unico modo per sentirsi voluta bene e amata, perché nessuno, anche chi diceva di volerle bene, a un certo punto, la ignorerà e non avrà tempo per lei e a quel punto, solo per un momento, non sentirà più nulla: sentirà un vuoto, un’apatia mai provata. Quasi pace, come assenza di passio, di sofferenza.

Un libro che ho criticato e stracriticato fino alla fine, condannando una donna che sembrava fredda e che agiva guidata solo dal suo istinto, ma che in realtà probabilmente era «solo» talmente fragile e sola che non è riuscita a trovare qualcosa o qualcuno che la potesse aiutare…

È questo il fatto che mi ha fatto pensare più di tutti: una volta, ad una vacanza, una ragazza, che poi è diventata mia ottima amica, aveva dato una testimonianza sulla sua situazione, che mi porterò sempre con me: il padre gravemente malato, con la madre, lontani per le cure, un fratellino piccolo e lei che aveva appena iniziato l’università. Chi potrebbe voler vivere una situazione simile, potremmo dire… E invece lei era piena di letizia, un sorriso sincero e gli occhi illuminati da un incontro: «Non sei mai sola, anche quando sei nel deserto, Qualcuno ti tende la mano!» aveva detto.

Se Anna Benz avesse avuto la Grazia di trovare un amico con cui sciogliersi in un abbraccio, se avesse trovato quel Qualcuno, il cui nome è Misericordia, e gli avesse detto «quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché Tu sei con me», probabilmente a tutta la sua vita avrebbe giovato tutto questo immeritato amore…

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25 Aprile 2016 | 06:55
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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