Denise Carniel

«Quanto costa prendersi cura di un cuore, persino del proprio?»

L’altro giorno sono entrata in un negozio di giocattoli e sorvolando sulla mia passione infantile per tutto ciò che é colorato,vintage e parla la lingua dei bimbi, mi sono fermata a guardare i puzzle. E mi sono detta che ognuno di noi ha pezzi di sé,in giro per il mondo. Senza saperlo. Così si spiegherebbe perché, a volte capita che, in un luogo non siamo mai stati prima, ci troviamo così a nostro agio da sapere che in qualche modo apparteniamo ad esso. Ci fa sentire a casa, come se lì fossimo al sicuro. Io credo che quella sensazione derivi dal fatto che sia una sfumatura di noi che dovevamo trovare, che stavamo cercando. Per questo dovremmo sempre viaggiare, persino da fermi. In modo da restare, senza realmente andare (nei paesaggi, nelle persone, tra le anime) che visitiamo, perché in effetti si può restare ovunque, a patto di non fermarsi mai. Per «ricostruirci». Conoscere altri posti, altre tradizioni, altri cieli, altre albe, altri tramonti, altre città, altre vite. Conoscerli. Per riconoscerci e per stancarci, si ma a suon di entusiasmo.

Vi va di partire con me? Dove andiamo mi chiedete, beh non troppo lontano da qui, così potete seguirmi anche senza valige. A Milano. In un viaggio alla ricerca di qualcosa da trattenere, con cui costruire ricordi. Di un giorno,ma mi è bastato per avere voglia di tornarci.

A Milano, che non mi è piaciuta subito -così caotica se visitata in macchina – seppur in compagnia di un’amica con cui ci accomuna lo stesso sguardo, attento e gentile, sulle cose del mondo. Ma mi sono resa conto che io e questa città ci assomigliamo almeno un po’: sfuggenti, enigmatiche e persino un po’ ostili per chi ha uno sguardo superficiale, mentre ci lasciamo cogliere da chi è paziente ed investe il suo tempo. Si questo è faticoso, ma ne vale la pena, se nel farlo, si incontra incanto.

Lo stesso che ho provato alla Mostra su Modigliani al Mudec.  È stato come immergersi in un mare di sensazioni profonde e che curano. Sì, io faccio parte di quei sognatori che credono profondamente che quasi ogni tipo di dolore si possa curare con l’arte e la meraviglia.

Pare che siamo in un mondo che sembra che detesti chiunque ha una macchina fotografica in mano, una penna o un pennello, perché la sensazione è che lo consideri debole. Eppure la vita, l’amore e l’umanità dall’arte vengono ricordate!.

Stupendomi della vita di questo pittore ho imparato questo: non é evidente essere consapevoli, fragili, devoti, delicati. Introspettivi. Diversi. Si è amati ma si è anche davvero soli, nel cercare del mistero dell’umanità che si esprime attraverso il bello. Pieni di persone che ammirano le azioni, ma soli dentro, alla ricerca di qualcuno che parli il nostro linguaggio.

Ho ripensato al detto : «in amore, più chiedi meno ottieni» . Per tanto tempo non l’ho capito:  perché c’e davvero bisogno di chiedere di essere amati? Sì, perché a darsi ci si consuma.

Ed è un concetto che ho ritrovato, «il consumarsi» al Museo di Storia Naturale di Milano. E tra le tante cose davvero interessanti che si trovano tra le teche, mi hanno colpito degli anelli. Sono state per la popolazione atzeca sia monete di scambio che dote nuziale. Mi sono fermata e ho detto: «quanto costa prendersi cura di un cuore, persino del proprio?»

A palazzo Clerici, ho avuto la risposta: bisogna partire dall’interno e farsi sorprendere, la preziosità del cuore si tocca quando si è capaci di andare oltre vecchie ferite, come una mano che si dedica a restaurare antiche sale: fa risplendere, per capacità propria della sala stessa e fa rivivere e risentire antichi battiti di vita, che non vedi subito, ma devi andare a cercarvi dentro la scintilla nascosta.

La vita che spesso è nascosta, lascia spazio a segreti, leggende e grandi verità: come quelle che ho potuto ascoltare andando all’archivio storico ed al sepolcreto: centinaia di faldoni che contengono verità non sempre comode o felici, centinaia di vite di poveri che sono finite nella malattia, ma anche la forza di ricordare, perché la libertà passa dalla verità che è la propria, scintilla, anche quando non priva di macchie.

In sintesi queste mie 24 ore meneghine mi ha fatto capire che più di qualsiasi altra cosa, mi piacciono «le persone wow” quelle che ti sorprendono, sui quali non scommetteresti un soldo e invece poi fanno cose che ti lasciano imbambolato. Quelli che sembrano non avere nulla di così speciale ma poi,col senno di poi, ti lasciano senza fiato, perché con un pennello ti disegnano il paradiso e con il loro fare, ti rubano l’anima.

Ed io in questo viaggio, mi sono concentrata ad andare indietro nel tempo, ma come ultimissima cosa mi chiedo se di queste persone ce ne siano anche vicino a me: persone che sanno ballare il valzer senza musica, obesi leggeri come farfalle, militari raccontatori di storie, meccanici costruttori di sogni, uomini che sanno raccontarti la storia, perché l’hanno vissuta.

Me lo chiedo perché, caspita, a me piacciono davvero tanto le persone che sono semplici, con un guscio storto a volte, ma con un cuore davvero pieno di grazia.

 

25 Giugno 2018 | 11:30
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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