Ernesto Borghi

Perché i giovani possano riuscire a credere la Chiesa cattolica casa propria

Al termine di un Sinodo della Chiesa cattolica certamente vivace come quello appena concluso – e in attesa che se ne tenga uno, urgentissimo, che metta al centro dell’attenzione generale l’accesso ai ministeri ecclesiali, la formazione indispensabile oggi in proposito e la presenza autorevole delle donne a tutti i livelli ecclesiali – proviamo a rileggere alcune considerazioni proposte, nel 1982, dall’allora vescovo cinquantanovenne di Ivrea, quel monsignor Luigi Bettazzi che ancora oggi, a quasi novantacinque anni, resta uno dei testimoni più lucidi e credibili del Vangelo di Gesù Cristo nel mondo ecclesiale e civile anzitutto italiano.

Nel volume «Ateo a diciotto anni?» (pp. 169-170), un uomo che al Concilio Vaticano II ha partecipato già da vescovo, scriveva:

«A te, giovane che ti dici credente in Dio, che ti professi cristiano, che vivi la vita della Chiesa. Sii coerente, ma fino in fondo. Renditi conto che credere in Dio è credere nell’uomo, che la fede religiosa non può essere un alibi per l’impegno concreto, tanto più da quando Dio si è fatto uomo per incarnare la salvezza nella nostra storia. Renditi conto che ogniqualvolta ti isoli nella tua religiosità, magari nutrendoti di Bibbia e moltiplicando la tua preghiera ma dimenticandoti del fratello che soffre o che è nell’indigenza, quando ti dedichi alla vitalità della tua Chiesa ma trascuri il doveroso contributo per una società più giusta e più umana, tanto più se il tuo disimpegno è favorito dal trovarti in posizione di sufficiente benessere, renditi conto che stai incoraggiando gli altri all’ateismo. Fa questo esame di coscienza, giovane credente che, pur generoso, ti chiudi nell’intimità della tua coscienza o in quella della tua comunità. E ricorda che solo un’apertura efficace ai problemi del mondo verifica (cioè rende vera) la tua fede…

Abbi fiducia, amico. Dio ti ama, Cristo è morto ed è risorto per te…Ed è risorto per tutti. E tutti devono riuscire a vedere nel tuo entusiasmo, nella tua perseveranza, la certezza che Cristo risorto può e vuole rinnovare la vita di tutti…Ti accorgerai quanto è sacro, quanto è religioso interessarsi ai problemi della società e della storia, che sono i problemi dell’uomo, i problemi dei fratelli concreti. E che anche questo – se non addirittura «soprattutto» questo – è il modo di vivere la tua fede., è «costruire il Regno»».

Dal 1982 ad oggi i cambiamenti sono stati certamente notevolissimi. Non soltanto coloro che allora avevano diciotto anni oggi hanno superato la cinquantina, ma la realtà ecclesiale, religiosa e sociale dal Nord al Sud del mondo è profondamente mutata sotto vari punti di vista. Il dottrinalismo e il moralismo di tanti pronunciamenti ecclesiastici ha lasciato il posto all’irruzione nella vita della Chiesa della libertà di coscienza e di un accoglimento di varie istanze della cultura moderna. In tanti luoghi del mondo occidentale la frequenza ai sacramenti, a cominciare dalla Messa domenicale, è molto diminuita e il cattolicesimo conosce sviluppi ed espansione, sia pure con difficoltà, soprattutto in America latina, in Africa, non certamente in Europa e in America del Nord. Il quadro socio-economico in cui ragazzi e giovani crescono è intriso di precarietà assai più di quanto appariva ai diciottenni dei primi anni Ottanta del secolo scorso…

Ciononostante l’esigenza di verificare l’autenticità della fede in Dio a partire dall’attenzione agli altri esseri umani, a cominciare da chi è più in difficoltà, appare il punto nodale, l’obiettivo centrale da proporre a ragazzi e giovani, come anche, d’altra parte, a tanti adulti che si sono più o meno allontanati da rapporti stretti con la realtà ecclesiale. Le parole di Bettazzi sono credibili perché vengono da un testimone che le ha variamente incarnate in decenni di ministero presbiterale ed episcopale. Che cosa possiamo proporre, per esempio, a ragazze e ragazzi che mantengono contatti positivi con le attività formative e con la dimensione sacramentale della Chiesa cattolica e che sono sanamente critici verso quanto sa di religiosamente vecchio, di eticamente moralistico, di culturalmente inconsistente e di lontano dalla giustizia e dall’amore evangelici? Occasioni di vita cristiana che siano radicate nell’icona che è il brano dei discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24,13-35), in modo che catechesi, liturgia e solidarietà caritativa siano tre momenti di un’unica, vitalizzante parola di vita, magari anche significativa sotto i profili ecumenico, interreligioso e interculturale? Oppure pensiamo di coinvolgerli in pratiche devozionali, momenti sacramentali o opportunità educative, che mettono già estremamente a disagio molti cinquantenni che non fanno parte di movimenti e gruppi più o meno massificanti? La scelta è semplice e piuttosto urgente, bisognosa di proposte biblicamente ed eucaristicamente intense e interessanti. I vescovi al Sinodo hanno percepito chiaramente, dagli applausi e dai dissensi palesi, dove i giovani desiderano andare…

27 Ottobre 2018 | 17:59
Tempo di lettura: ca. 3 min.
giovani (724), sinodo2018 (100)
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