Suor Sandra Künzli

Padre Leopoldo Mandic: un «piccolo» grande Santo

Il libro intitolato «Padre Leopoldo» di 500 pagine, che ho trovato nella nostra biblioteca, è stato scritto da Padre Pietro di Valdiporro che per 15 anni ha vissuto insieme al nostro santo.

Bogdan Mandic nacque a Castelnuovo (nella regione della Dalmazia, ex Jugoslavia), il 12 maggio del 1866; un bambino esile e delicato. Fin da piccolo manifestò un carattere forte, pronto però a donarsi. Fu precoce in lui la pietà e il grande amore per la preghiera. Pregava a lungo nella sua camera, in ginocchio.

All’età di 8 anni un giorno commise una lieve mancanza e la sua sorella lo rimproverò aspramente e lo condusse dal parroco il quale, dopo averlo confessato, lo mise in ginocchio in mezzo alla chiesa per lungo tempo. Profondamente umiliato pensò fra sé: «Quando sarò grande voglio farmi frate, diventare confessore e usare tanta misericordia e bontà con le anime dei peccatori». La sua prima aspirazione fu quella di diventare missionario ma la sua debole salute non lo permise. Entrò tra i cappuccini di Udine il 16 novembre del 1882 e prese il nome di Leopoldo. Quando entrò in seminario il suo parroco scisse: «Il giovane è di ottimi costumi e di una condotta esemplare».

Fu in seguito trasferito a Padova dove si dedicò per ben 50 anni al ministero della confessione. Il suo stile era la dolcezza e, a differenza di Padre Pio, in tutti quegli anni non rifiutò quasi a nessuno l’assoluzione. Per non gravare i suoi penitenti, espiava lui i loro peccati, pregando per ore la sera davanti al tabernacolo. Una donna scriveva: «Dal suo confessionale si usciva sempre rinati a nuova vita e con nell’animo nuova energia». A volte faceva tacere il penitente ed elencava li stesso i suoi peccati, con grande stupore di chi lo ascoltava.

Con bontà e fermezza, operava nelle anime delle vere conversioni oltre che miracoli di guarigione che egli attribuiva sempre al buon Dio. Quando un peccatore si convertiva dal profondo del cuore, il Padre lo abbracciava a piangeva con lui. Aveva una memoria formidabile e ricordava tutti i suoi penitenti anche se non li rivedeva da tanti anni; non si dimenticava più di loro. Il Signore l’aveva colmato abbondantemente dei doni dello Spirito Santo, in particolare quello del consiglio e della profezia. I suoi figli spirituali li trattava da amici.

Costretto a letto per una infermità (gli diagnosticarono un tumore all’esofago), ricevette i penitenti nella sua celletta dell’infermeria quasi fino agli ultimi giorni. Morì il 30 luglio del 1942 alle ore 7.00. I suoi funerali furono un trionfo, presente una marea di devoti e amici. Dalla bocca di tutti saliva una comune esclamazione: «E’ morto un santo!». Durante la seconda guerra mondiale, il suo convento fu distrutto come da lui predetto, restò però intatta la sua celletta. San Leopoldo è un esempio per tutti noi in particolare per i sacerdoti. Chiediamo al Signore che ci doni confessori illuminati che ci guidino sulla via del bene con dolcezza e fermezza.

Nell’anno della misericordia (2016), le sue spoglie insieme a quelle di San Pio da Pietralcina, sono state esposte in San Pietro alla venerazione dei fedeli. I due santi si sarebbero incontrati per un giorno nel 1908, nel convento dei cappuccini di Napoli. Quest’anno ricorrono i 50 anni dalla morte di P. Pio (il 23 settembre) e i 100 anni dal dono delle stimmate (il 20 settembre).

Suor Sandra Künzli

11 Ottobre 2018 | 19:34
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