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Manuela Masone

Non lo dimenticate, sognate… non lasciatevi rubare la speranza

di Manuela Masone

Sogno è l’altro nome della speranza. «I have a dream», io ho un sogno: inizia così il più celebre discorso di Martin Luther King. E da quel sogno di libertà ha dedotto comportamenti che hanno generato una storia nuova e una nazione diversa. (Ermes Ronchi)
Le due frasi nel titolo di questo articolo sono state pronunciate da Papa Francesco in momenti e anni diversi, ma entrambe sono rivolte ai giovani. C’è un nesso tra il sogno e la speranza che è vitale e in diversi discorsi possiamo ritrovarlo.
Nell’incontro con i giovani a Cuba, il Papa ha insistito molto sull’importanza di sognare anche quando la vita ci «taglia la strada». La capacità di desiderare cose grandi permette di uscire dal pessimismo che sterilizza la nostra vita rendendoci incapaci di generare, di creare, di vedere nuove vie, nuove soluzioni.
Quando guardiamo le news, le immagini che restano sono spesso quelle di drammi, guerre, violenza, il tutto condito da altrettanto allettanti notizie come quelle di corruzione, crisi e tassi di disoccupazione, aumento dei costi, e così via. Come non cadere nel pessimismo e nello scetticismo? La realtà (o almeno la parte di realtà che viene inquadrata) ci porta a pensare che qualsiasi cosa noi facciamo «tanto non serve a niente». Oltre a questo gli insuccessi, le delusioni, in una società in cui tutti dobbiamo essere performanti tante volte spengono le nostre aspirazioni.
Un personaggio che amo nella Bibbia è la figura di Abramo. Di lui è detto nella lettera ai Romani: «Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli, come gli era stato detto» (Rm 4,18). Detto in altre parole, ha sperato anche quando non c’erano più ragioni di sperare, e proprio per questo è diventato padre di molti popoli, ha generato, la sua vita ha avuto un impatto ed è diventata feconda. «La speranza è feconda» ha ricordato il Papa, questo significa che è creativa, porta novità, porta frutto.
Colui che spera è un po’ un visionario, nel senso che crede nel realizzarsi di qualcosa, anche quando gli altri non lo vedono possibile. Per questa ragione il sogno e la speranza sono legati: quando non ci sono più sogni né visioni sul futuro, non c’è più speranza.
Bisogna distinguere poi fra l’ottimismo e la speranza. Il primo è uno stato d’animo e può variare a seconda dei momenti, la speranza invece ha ricordato il Santo Padre è «la virtù di colui che è in cammino e si dirige da qualche parte. Non è dunque un semplice camminare per il gusto di camminare, bensì ha un fine, una meta, che è quella che dà senso e illumina la strada».
Nel film classico Ben Hur, mi ha sempre colpito una scena in cui si intravvede Gesù che pronuncia il celebre discorso sulla montagna «Le Beatitudini», e attorno a lui ci sono solo poveri, malati, gente che è messa ai margini della società. Quali sogni, potremmo chiederci, si possono avere oggi nelle periferie del mondo? Eppure la speranza può partire proprio da lì: «Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto […]» (1 Cor 1,27-28). La speranza può partire da ciascuno di noi.

Letture consigliate:
«» Saluto del Santo Padre ai giovani del Centro Culturale Padre Félix Varela del 20.09.2015
«» Omelia del Santo Padre Francesco per la XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù del 24.03.2013
«» Ermes Ronchi, Al mercato della speranza, Ed. Paoline, 2009

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2 Ottobre 2015 | 07:43
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