Lavinia Sommaruga

Non ho attese. Ho molto amato

Il tram si addentra nel quartiere più popolare. Abbiamo appena traversato il fiume. Non lontano abita Geneviève. L’incontro dopo aver letto il suo libro che testimonia la storia di un popolo che ha subito la dittatura per decenni senza poter riconoscere la loro guida spirituale. Mi riceve dicendomi che ha appena messo la parrucca. Sempre una bella donna forte. Ha una vivacità che ti fa star bene subito.

In salotto noto tanti oggetti dei viaggi che l’hanno portata in vari paesi del mondo: soprattutto l’Africa. In effetti, ci ha passato un bel tempo per lavoro nello sviluppo con grandi incarichi di comunicazione. Nel passato era stata dapprima porta parola di una città, poi di un’istituzione pubblica, di una grande ONG e d’istituzioni legate all’ONU. Aveva anche accompagnato donne africane che si candidavano come governatrici nelle loro regioni. «Non si può fare la madre di famiglia che vuole assumere tutti i compiti. Hai da fare delle scelte di priorità nel tuo programma elettorale. Il resto lo deleghi». Intuisco la sua grande esperienza nell’accompagnare le donne desiderose di carriera politica. 

Beviamo della coca-cola che la aiuta a non aver la nausea. Le cure sono tante e pesanti. «Bisogna saper portare a termine un obiettivo: la gente si ricorderà e parlerà di te.» Questo è il consiglio che lei da sempre alle donne che assumono responsabilità.  Scambiamo qualche riflessione sulla condizione femminile e le difficoltà delle donne. Il movimento Me too ha aiutato ad una presa di coscienza. E’ importante che le donne continuino a formarsi.

L’avevo incontrata ben più di dieci anni fa a un incontro internazionale di donne che promuovono la pace. Molto determinata sulle sue convinzioni era una persona che mi colpì. Qualche tempo dopo la rincontrai nel salone di un centro a vocazione spirituale e mi ricordo il suo incoraggiamento a continuare a mettere in relazione le persone. Queste sue parole me lo porto ancora nel cuore con lei grande donna sullo sfondo di una bella vista con tramonto sul lago.

La aiuto a posare le gambe gonfie sullo sgabello. La sua testa rimane brillante, ricca della capacità di analisi e di sintesi che la caratterizzano, anche se mi dice varie volte che è stanca. Ha un sorriso di speranza e di determinazione quando parliamo di convinzioni, di programmi ben strutturati, di avvenire. Sta per scrivere un altro libro, la sua esperienza africana. Spera di partire dopo l’estate nel paese per intervistare e completare il suo manoscritto. Da comunicatrice è diventata scrittrice passando dal giornalismo.

«Chissà cosa significa questo momento che sto vivendo; ne cerco il significato.» Mi saluta ricordandomi che il suo filo rosso è aver messo le persone al centro. In effetti, nel suo appartamento modesto per persone pensionate, sei veramente la Benvenuta. Me l’ha detto varie volte. Con i suoi occhi che brillano, prima di congedarci, mi regala questi ultimi pensieri: «Amo la gente e le persone m’interessano. Non ho delle attese. Ho molto amato.»

Sono ripartita con il tram nel cader della sera con il suo ultimo invito: «Questa non è una ricchezza?».

17 Febbraio 2019 | 20:30
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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