Italo Molinaro

Ma Papa Francesco è spontaneo o recita?

Ma Papa Francesco è spontaneo o recita? Lo vediamo bucare lo schermo con estrema efficacia nel film che esce in questi giorni nei cinema della Svizzera italiana «Francesco, un uomo di parola», del regista Wim Wenders. Poltrone diverse, interni ed esterni, Francesco guarda dritto in camera e offre al pubblico una specie di «enciclica» filmata, forse la prima della storia. Tra una conversazione e l’altra, ecco scene dei suoi viaggi, incontri, e soprattutto immagini dal mondo: l’ecologia, le migrazioni, l’indifferenza (impressionanti le immagini dalle discariche dove folle di poveri riciclano i rifiuti). Immagino che in molti casi siano immagini di agenzie, non girate proprio da Wenders, eppure la grana, i colori, gli effetti, creano un effetto sinfonico straordinario, anche dal punto di vista estetico. Un bel film da vedere, per prepararsi alla visita di Bergoglio in Svizzera, giovedì 21 giugno.
Ma Francesco è sincero? Certamente il Francesco del film è coerente con quello che conosciamo dai media: calore, empatia, sorriso, e soprattutto lucidità, potenza del linguaggio diretto, attualità dei grandi temi. Ma voglio raccontarvi un aneddoto. Ero alla Giornata mondiale della giovedì a Rio de Janeiro, luglio 2013, in fondo alla spiaggia di Copa Cabana, dove c’era il centro stampa e dove si trovava una caserma della marina militare. Un pomeriggio ci hanno sloggiati, noi giornalisti, perché da lì doveva partire in papamobile il corteo di Francesco, per raggiungere i giovani al grande palco previsto per la veglia. Sono in prima fila dietro le transenne per vedere il Papa. Eccolo sbucare da una curva, fermo, immobile sulla papamobile. Appena varca l’uscita della caserma, scatta: con energia inizia a sbracciarsi per salutare i giovani assiepati, e si volta continuamente e rapidamente un po’ a destra e un po’ a sinistra.
Ecco l’attore, ma non è una recita. È come un salto dal trampolino, come i volteggi di un ballerino: a noi sembrano spontanei e naturali, ma sono frutto di allenamento durissimo, sono una lotta col proprio corpo e con la propria personalità, sono il prodotto di una scelta consapevole e continuamente rinnovata. Francesco recita, nel senso che ha messo da parte la timidezza e la riservatezza che lo caratterizzavano in passato (e che tutti conoscevano in Argentina) e si è calato nel personaggio, anzi: nel ministero, nella missione di vescovo di Roma. Ha scelto di sorridere, di sbracciarsi, di abbracciare, di parlare chiaro, di credere forte, di andare controcorrente. Fare il Papa è per lui una conversione, forse non nelle idee ma certamente nei modi, che però sono importanti quanto le idee, perché le incarnano, ne diventano la rappresentazione concreta.
Ma la stessa conversione non è forse chiesta anche a noi dal Vangelo e dalla Storia? Se aspettiamo che certe scelte di vita e di fede ci accadano magicamente, campa cavallo! Perché siamo una generazione che si accoccola sulla soglia e non «entra»? La grazia divina ha bisogno della disponibilità aperta della nostra volontà e del nostro desiderio. Mi ha colpito un giovane di Zugo, Martin Iten, che ho intervistato per un reportage di Strada Regina sulla Chiesa in Svizzera (in onda sabato 16 giugno ore 18.35 RSI LA1). Mi ha detto che alla fine, la cosa decisiva è la scelta del singolo. Papa Francesco ha scelto, e noi?

13 Giugno 2018 | 09:13
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