Rolando Leo

Lo sguardo degli altri

di Don Rolando Leo
Che lo vogliamo o no, gli altri ci provocano, ci interpellano, ci mettono in discussione.
Nel faticoso cammino verso l’adultità una delle sfide più ardue che ogni giovane è chiamato ad affrontare è l’incontro/scontro con l’alterità. La costruzione dell’identità non è mai un percorso solitario, ma passa inevitabilmente attraverso il confronto con l’altro da sé, la consapevolezza che la vita di ciascuno è legata a quella di chi gli sta accanto.
Così Paola Turci ne Le storie degli altri (2012) dice bene: «Le storie degli altri ci insegnano la nostra. La vita è una domanda, la fuga è una risposta, tra giorni di vuoto difficili da colmare e giorni di piena carichi da sprofondare».
Spesso magari gli altri rappresentano una presenza scomoda, ingombrante, difficile da gestire, mentre in altri casi appaiono distanti, quasi un enigma insolubile (del resto è S.Agostino che ci ricorda quanto l’essere umano è un mistero a se stesso) ma appassionante. Mi pare di capire dalla mia esperienza e dalle mie letture che il confronto con l’alterità si rivela particolarmente impegnativo in concomitanza con il delicato passaggio verso l’età adulta, quando la genuina empatia che contraddistingue gli adolescenti lascia il campo ad una crescente diffidenza nei confronti del prossimo, alla disillusione circa la possibilità di penetrare fino in fondo il «mistero» che l’altro cela in sé, ad un certo individualismo che è foriero di chiusura ed autoreferenzialità.
Ed ecco il punto: l’autoreferenzialità oggi colpisce molto le giovani generazioni. Viviamo nel tempo della pretesa culturale di fare a meno dell’altro, ed ultimamente dell’Altro, di Dio, a maggior ragione!
Ognuno fa per sé, va in palestra per sé, studia per sé, vive per un proprio tornaconto senza altre prospettive.
Eppure il processo di crescita, come detto, non può fare a meno del confronto con l’altro; addirittura il processo di sessuazione dura 20 anni, da qui la scoperta della propria identità.
Nello stesso momento, in questo tempo di autoreferenzialità, ci si trova in un’epoca di smarrimento, con poche basi sicure e pochi riferimenti. Anche noi educatori siamo figli della nostra epoca e ci risulta talvolta difficile trovare il linguaggio giusto per mostrare una via alternativa. Ma per quanto si tenti di erigere muri e scavare fossati, nessuno può fare a meno degli altri. L’alterità, per quanto faticosa, destabilizzante, talvolta persino irritante, è ciò che dà colore e respiro all’esistenza.
E quando tocchi il cuore dei giovani, quando hanno davanti a sé un altro stimolante, positivo, carismatico, noti che si muove, si mette in gioco, si appassiona (l’esempio che sto sperimentando il volontariato per l’accoglienza dei migranti nella nostra regione e per l’insegnamento della nostra lingua e della nostra cultura). È nel confronto con l’alterità che ultimamente si impara a fare i conti con se stessi, a rivedere le proprie convinzioni, a misurarsi con la propria capacità di cambiamento. Anzi, la cifra della propria maturità sta proprio nella capacità di confrontarsi con ciò che è differente da sé.
Le gioie diventano più intense se condivise. Noi educatori e preti che stiamo in mezzo ai giovani ci rendiamo conto di questo: i giovani ti contagiano d’entusiasmo … penso alle Giornate Mondiali della Gioventù trascorse con loro, ai campi estivi ed invernali e ad altri numerosi momenti. Le difficoltà e i disagi diventano più lievi ed i sogni meno irrealizzabili! Ci si sente popolo appartenente agli altri e soprattutto appartenente ad un Altro!
Questo fenomeno è riassumibile in una parola: decentramento, che vince l’autoreferenzialità. Significa anche integrazione, ascolto, comunione, consapevolezza di un essere personale in noi. Era Evagrio Pontico (monaco degli albori, IV secolo, nell’attuale Turchia) che affermava che il cristianesimo è la massima manifestazione della persona di Dio nella persona dell’uomo. Solo nella persona divino-umana di Gesù Cristo l’uomo sperimenta se stesso come creato ad immagine di Dio e quindi come persona creata, finita. Al diavolo allora le sindromi da onnipotenza! Che bella notizia!
Che bello questo cristianesimo che mi fa scoprire di essere umano, creato e fatto per stare insieme agli altri me stesso!

4 Maggio 2016 | 06:49
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