Renzo Petraglio

Letture bibliche e coraniche a cura di Renzo Petraglio

Adorare Dio e agire con bontà

Ramadân 2021: terza settimana

Durante le prime due settimane abbiamo riflettuto su dei testi che ci presentano un legame fraterno vissuto male: Caino uccide Abele, Davide uccide Uria e si impone su Betsabea, la moglie di Uria. Invece, durante questa terza settimana, desidero leggere dei testi che ci invitano a vivere la fratellanza in un modo positivo.

E penso alla sura 4 nella quale noi siamo esortati in questi termini:

Adorate Dio e non associate nulla a Lui. [Agite] con bontà verso i due genitori, i parenti, gli orfani, i poveri, il vicino  che ha [con voi] un legame di prossimità e il vicino [che vi è] estraneo, il compagno di viaggio, il figlio della strada e coloro che la vostra mano destra possiede. Dio non ama il superbo, l’orgoglioso (Sura 4,36).

Questo versetto ci parla di due atteggiamenti che, apparentemente, sono diversi l’uno dall’altro: la relazione con Dio e le relazioni con gli umani. Anzitutto la nostra relazione con Dio, una relazione unica che non ci permette di associare a Dio altre realtà. Il doppio imperativo è molto chiaro: «Adorate Dio e non associate nulla a Lui». Ma questo versetto del Corano lega la nostra relazione a Dio e le nostre relazioni con gli umani: «Adorate Dio. [Agite] con bontà verso i due genitori[1], i parenti, gli orfani». Con queste parole, e anche in parecchi altri versetti del Corano, Dio accosta l’adorazione alla sua persona e la benevolenza verso papà e mamma[2].

Nel seguito del versetto, dopo i genitori il Corano menziona «i parenti» – i parenti sia da parte del papà che della mamma[3] – «gli orfani, i poveri». E l’esigenza di fare del bene agli orfani e ai poveri è uno dei comandi del Corano. L’esortazione a nutrire i poveri e a far loro l’elemosina ritorna all’incirca ottanta volte[4].

La lista  del verso 36 menziona poi «il vicino  che ha [con voi] un legame di prossimità e il vicino [che vi è] estraneo». E quest’ultima formulazione – diceva Tabarî – evoca «ogni vicino che non ha alcun legame di parentela con voi, sia egli musulmano, cristiano o ebreo, una persona che non appartiene al vostro gruppo familiare»[5]. Quanto al «compagno di viaggio», i commentatori danno due interpretazioni diverse: per alcuni si tratta del compagno di viaggio in senso proprio; per altri si tratta della moglie dell’uomo, in quanto essa è la sua compagna, al suo fianco. E la lista termina menzionando «il figlio della strada», quindi un viandante, e «coloro che la vostra mano destra possiede», cioè gli schiavi. La lista è molto completa a proposito degli umani: si può dunque dire che, insieme alla relazione con Dio, c’è quella con tutti gli umani, nessuno escluso.

Questa pagina del Corano mi ricorda una pagina del Vangelo, una pagina nella quale uno scriba, dunque un teologo ebreo, chiede a Gesù:

28b«Qual è il comandamento primo di tutti?». 29Gesù rispose: «Il primo è: «Ascolta, Israele, [il] Signore è il Dio nostro, l’unico Signore, 30e amerai il Signore tuo Dio con tutto intero il tuo cuore, con tutta intera la tua vita, con tutta intera la tua mente, con tutta intera la tua forza». 31[Il] secondo [è] questo: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». Altro comandamento non c’è più grande di questi». 32E lo scriba gli disse: «Bello, Maestro: con verità hai detto che [Dio] è l’unico e non c’è altri se non lui, 33e amarlo con tutto intero il cuore, con tutta intera l’intelligenza e con tutta intera la forza e amare il prossimo come se stessi è meglio che tutti gli olocausti e sacrifici». 34E Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno osava più interrogarlo (Marco 12,28b-34).

Questa pagina – come i testi paralleli nel Vangelo secondo Matteo (22,34do40) e secondo Luca (10,25-28) – ci dice, con la più grande chiarezza, come dobbiamo vivere la nostra relazione con Dio: essa deve essere una relazione che ci prende totalmente: cuore, vita, mente e forza[6]. Questo atteggiamento, che Gesù riassume nel verbo «amare», dobbiamo viverlo anche nelle nostre relazioni con gli umani, e ciò senza alcun limite: infatti, ciascuno di loro è il nostro «prossimo»[7].  Ma la narrazione di Marco, a differenza del testo parallelo di Matteo, evoca anche la reazione di uno scriba, cioè di un teologo ebreo. Anche lui, con parole molto vicine a quelle utilizzate da Gesù, insiste sull’amore che noi dobbiamo vivere in relazione con Dio e con gli umani.

È giunto il momento di terminare questa pagina per la terza settimana di Ramadân. Che il messaggio del Corano e quello di Gesù e di un teologo ebreo possano incoraggiarci, durante questa settimana e durante tutta la nostra esistenza, a vivere intensamente la nostra relazione con Dio e con gli umani che sono, tutti, nostre sorelle e nostri fratelli. E, lungo questo cammino, saremo insieme: sarà un impegno comune che ci incoraggia a vicenda.

Renzo Petraglio


[1] Sul rispetto dei genitori, che torna spesso nel Corano, si veda la Sura 31,14 dove Dio dice : « Sii riconoscente verso di Me e verso tuo papà e tua mamma ». Per altri testi del Corano sul rispetto dei genitori, cf. Le Coran. Texte arabe et traduction française, par ordre chronologique selon l’Azhaar, avec renvoi aux variantes, aux abrogations et aux écrits juifs et chrétiens, par S. A. Aldeeb Abu-Sahlieh, L’Aire, Vevey 2009, p. 569, alla voce «Parenté».

[2] Questa affermazione si può leggerla in Ismaïl ibn Kathîr, L’exégèse du Coran en 4 volumes. Traduction: Harkat Abdou, Vol. 1, Sourate 1 (Le Prologue)- Sourate 5 (La Table), Dar Al-Kutub Al-ilmiyah, Beyrouth 2000, p. 272 che rinvia alle Sure 31,14 e 17,23. A questi testi si possono aggiungere 6,151 e 2,83.

[3] Cf. Abû Ja›far Muhammad Ibn Jarîr at-Tabarî, Commentaire du Coran. Abrégé, traduit et annoté par P. Godé, Éditions d’art les heures claires, Paris 1986, tome III, p. 359.

[4] Così H. Abdel-Samad, Il Corano. Messaggio d’amore, messaggio di odio, traduzione di C. Ujka, Garzanti, Milano 2018, p. 183.

[5] Cf. Abû Ja›far Muhammad Ibn Jarîr at-Tabarî , Op. cit., p. 360.

[6] Attraverso queste parole, Gesù riprende il testo di Deuteronomio 6,5. Per l’analisi delle piccole differenze tra questi due testi, cf. B. Standaert, Marco: Vangelo di una notte, vangelo per la vita. Commentario,  EDB, Bologna 2012, p. 646.

[7] Con le parole «Amerai il prossimo tuo come te stesso», Gesù cita Levitico 19,18. E, in questo testo del Levitico, la parola « prossimo » evoca anche lo straniero, colui che non appartiene al tuo popolo. Cf. J. Fichtner, plêson, in Grande lessico del Nuovo Testamento, fondato da G. Kittel, continuato da G. Friedrich, Vol. X, Paideia, Brescia, 1975, col. 722ss. Cf. anche R. Pesch, Il vangelo di Marco. Parte seconda, Paideia, Brescia 1982, p. 362.

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25 Aprile 2021 | 14:05
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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