Ernesto Borghi

Leggere la Bibbia nel mondo di oggi e di domani

Dal 28 settembre all’1 ottobre 2017 a Welwyn Garten City (nord di Londra), nella cornice del Centro dei movimento dei Focolari, si sono riuniti i rappresentanti della Federazione Biblica Cattolica (FBC/CBF – c-b-f.org) per la sub-regione dell’Europa meridionale e occidentale.

Questa istituzione della Chiesa cattolica, aperta anche ad istituzioni ecumeniche – l’Associazione Biblica della Svizzera Italiana, che ha tale fisionomia, ne fa parte dal 2005 – dal 1969 opera a livello mondiale, tra difficoltà e opportunità di vario genere, per favorire il ponte tra la ricerca scientifica in campo biblico e la divulgazione culturale e pastorale in questo stesso ambito. Essa conta oggi 343 membri, 102 dei quali a pieno titolo (Conferenze Episcopali) e 241 come associati (società e associazioni bibliche, culturali, ecc.).

Indubbiamente, dalla fine degli anni Sessanta ad oggi, la lettura della Bibbia ha assunto, anzitutto nella Chiesa cattolica, una rilevanza in precedenza del tutto impensabile. Il confronto cordi questi giorni di convegno tra le diverse esperienze – erano presenti, quest’anno, rappresentanti inglesi, irlandesi, francesi, catalani, svizzeri francesi e italiani, italiani – gli elementi acquisiti anche grazie al lucido e penetrante rapporto globale proposto da Jan Stefanow, segretario generale della FBC, e la discussione avvenuta tra noi sul rapporto tra Bibbia, liturgia e catechesi conducono ad alcune, sintetiche osservazioni, che non hanno alcuna velleità di completezza, ma penso meritino di essere proposte all’attenzione generale.

La centralità della Bibbia nella pastorale ordinaria della Chiesa cattolica è un obiettivo ancora lontano dal suo raggiungimento effettivo, anzitutto in Europa e nel Nord del mondo: l’inconsapevolezza e l’ignoranza in proposito sono ancora estremamente diffuse. Moltissimi vescovi, per la loro formazione di base (nei seminari la Bibbia per secoli è stata considerata e proposta in modo strumentale e marginale) e per altre ragioni di varia natura condividono fortemente tali limiti culturali di fondo anche con molti preti e non pochi esponenti degli altri stati di vita (religiosi, laici). È vero che poco più di cinquant’anni di storia non sono un grande arco di tempo rispetto ad un annosissimo passato di disinteresse o di «emarginazione» della Bibbia dai processi formativi normali nella Chiesa. Tuttavia, in ragione degli strumenti e delle possibilità oggi a disposizione, si potrebbe e dovrebbe fare molto di più.

Tante zone dell’Europa sono, a livello mondiale, tra le meno dinamiche e impegnate sotto il profilo di una formazione biblica che guardi al futuro e allo sviluppo della libertà di coscienza e di capacità ermeneutiche effettive nel leggere la realtà della vita secondo la Bibbia. Si registrano molteplici iniziative di formazione, ma il devozionalismo e il dottrinalismo restano due condizioni qualificanti di troppe tra esse e la ricca tradizione di secoli e secoli di cristianesimo costituisce, non di rado, piuttosto una zavorra che una risorsa. In Asia, in Africa e in America Latina, pur in presenza di situazioni di base socio-economicamente difficilissime, si stanno sviluppando iniziative di formazione biblica, dalla scienza alla pastorale, davvero promettenti. In esse il coinvolgimento di tutti gli stati di vita (preti, religiose, religiosi, laiche e laici) avviene effettivamente, riducendo spesso il centralismo dei preti e il collateralismo degli altri, fenomeni che nel Nord del mondo sono ancora notevolmente diffusi.

Certamente ci sono, nella stessa Europa occidentale, tante iniziative seminariali, convegnistiche, bibliografiche, massmediali che cercano di favorire una crescita della sensibilità biblica sia a livello intra-ecclesiale che culturale in senso lato (un esempio: ho presentato, tra le varie attività dell’Associazione Biblica della Svizzera Italiana, il progetto cultural-pastorale «Leggere i vangeli per la vita di tutti» e il primo volume di tale progetto, ossia «MARCO. Nuova traduzione ecumenica commentata», pubblicato in questi giorni). Interessanti sono le varie occasioni in cui la lettura biblica è considerata assai seriamente sia in vista del dialogo ecumenico che interreligioso, dalla Francia alla Svizzera, dalla Catalogna all’Inghilterra e sino all’Italia, ma le risorse anche economiche dedicate alla formazione biblica e storico-religiosa sono poche e quasi sempre in forte riduzione, troppo spesso per ragioni che con la carenza oggettiva di mezzi non hanno alcun rapporto.

La Catalogna appare un esempio emblematico di come anche in Europa si possano raggiungere capacità di formazione ed informazione biblica diffuse davvero molto ragguardevoli. Dopo oltre quarant’anni di lavoro quattro sono gli elementi concomitanti, assai positivi:

– un’associazione biblica che ha superato il migliaio di membri, di cui fanno parte anche molti preti, che interagisce profondamente anche con il sistema formativo locale, a cominciare dal mondo della scuola e quello delle parrocchie;

– una Facoltà di teologia locale (quella catalana, appunto) estremamente collaborativa e uno storico monastero (quello benedettino di Montserrat) altrettanto felicemente collegato;

– un museo biblico di carattere storico-archeologico di grande spessore;

– vescovi diversi che, succedendosi, non hanno fatto mancare un sostegno fattivo a tali attività di formazione biblica.

In Catalogna si sono investite e si investono risorse economiche non trascurabili e questo è un dato fondamentale. D’altra parte la collaborazione fattiva tra elementi e istituzioni diversi, sia pure con i limiti di qualsiasi realtà umana, in vista di un comune obiettivo formativo appare un fatto essenziale, apparentemente banale, ma decisivo.

A partire da questa splendida esperienza e da altre certamente positive presenti anche in Europa alcuni interrogativi sorgono spontanei:

– perché in vari altri luoghi d’Europa, dove energie culturali e umane non mancano, tali obiettivi, magari per gelosie e ignoranze varie, non sono neppure proponibili?

– Perché talvolta le istituzioni accademiche, per es., ecclesiastiche, sono arroccate su se stesse, in preda a egocentrismi e fondamentalismi d’altri tempi, e non interagiscono seriamente con quanto il territorio, magari a livello ecclesiale e culturale, propone da tempo e anche molto bene?

– Perché tanti presbiteri sono refrattari a moltissime occasioni di formazione permanente, in ambito biblico e storico-religioso, invece di essere un esempio per coloro di cui si occupano, magari come parroci o guide spirituali? Se essi sono, come avviene spessissimo, sfibrati da tante responsabilità per le quali non hanno competenze specifiche e che ne snaturano l’identità ministeriale – per es. quelle economico-amministrative – si trovi il modo di affidarle ad altre persone e si dia a questi presbiteri la possibilità di non essere dei «tuttofare» o dei «tuttologi», ma presbiteri nel senso culturale e spirituale effettivo del termine.

L’incontro annuale della FBC/subregione dell’Europa meridionale e occidentale si è concluso con un rinnovato impegno a rafforzare la collaborazione internazionale tra le nostre istituzioni di appartenenza per promuovere una formazione biblica e storico-religiosa sempre più seria, esistenziale, aperta e responsabile. Una delle sfide prossime della Federazione Biblica Cattolica sarà quella di incrementare l’attenzione a diffondere la sensibilità per una lettura biblica, dalla scienza alla pastorale, nell’Europa dell’Est e nell’ex-Unione Sovietica, zone storicamente legate a paradigmi culturali ed ecclesiali diversi.

Tutti i presenti si sono detti consapevoli della difficoltà del lavoro che attende formatrici e formatori, ma della necessità di moltiplicare gli sforzi, senza credersi particolarmente capaci o competenti. Lo scopo deve essere crescere in proprio e far crescere altri in questa sensibilità radicale per le Scritture ebraiche e cristiane e i valori che esse esprimono, sviluppando sempre meglio e di più due rapporti: quello con i vescovi e con le autorità ecclesiali in genere; quello con la popolazione e le istituzioni formative e culturali dei territori in cui si vive e si opera.

Dal Concilio Vaticano II in poi molto è stato fatto ma, in presenza degli epocali cambiamenti socio-culturali e socio-economici in atto, da un capo all’altro del Pianeta, moltissimo resta certamente da fare…Anche in Svizzera… Per il bene comune di questo nostro piccolo, grande Paese, per tanti versi al centro dell’Europa, potremmo orientarci anzitutto in due direzioni:

  • stimolare, in modo intelligente e appassionato, la collaborazione tra le istituzioni delle tre regioni linguistiche – Katholisches Bibelwerk, Association Biblique Catholique Suisse Romande, Associazione Biblica della Svizzera Italiana;
  • proporre alla Conferenza dei Vescovi Svizzeri una rinnovata attenzione alla Bibbia, nel concreto anche istituzionale, come anima e base della pastorale ordinaria della Chiesa cattolica. Il futuro ci dirà se saremo sufficientemente creativi e significativi in proposito…
6 Ottobre 2017 | 19:24
Tempo di lettura: ca. 5 min.
bibbia (99), europa (92), federazione (1)
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