Cristina Vonzun

La gioia di un amore che include

Di Cristina Vonzun

L’Esortazione di Francesco che arriva 35 anni dopo la Familiaris consortio di Giovanni Paolo II, si compone di 325 paragrafi, contro gli 86 del documento elaborato dal papa Santo nel 1981. Ma la differenza non è solo questa. «Amoris laetitia» si trova a parlare ad un contesto sociale, culturale ed ecclesiale mutato. Di questo contesto l’impostazione del documento e del lavoro previo ad esso, i due sinodi, quello straordinario e quello ordinario, del 2014 e 2015 dedicati alla famiglia, come le consultazioni che li hanno preceduti coinvolgendo tutte le diocesi e una buona rappresentanza di fedeli, sono un indicatore. Mutate le condizioni sociali ed ecclesiali e mutato anche il linguaggio, molto più dialogico, coinvolgente, diretto, soprattutto in quelle parti in cui non vengono citate le relazioni conclusive dei due sinodi, che mantengono espressioni indubbiamente più tipiche di un linguaggio ecclesiastico. L’impatto dato dal mutato cotesto sociale è evidente soprattutto se ci si riferisce alla società occidentale che oggi non è più così cattolica come 35 anni fa, una società che è ospedale da campo per la Chiesa e dove evidentemente alla famiglia in generale si sono affiancate sempre di più nuove unioni (convivenze in particolare, matrimoni civili, in particolare) dovute alle ragioni più diverse (economiche, sociali, migratorie, personali o anche di lontananza dalla fede). Il documento assume verso questo variegato primo mondo un atteggiamento di verità nell’accoglienza misericordiosa, di integrazione: enunciato il principio di cosa è il matrimonio e la famiglia cattolica, queste convivenze vengono abbracciate dallo sguardo compassionevole di una Chiesa che vuole camminare accanto a queste persone, ci tiene a coinvolgerle nel suo itinerario di fede, ci tiene a non farli sentire «fuori» dalla porta impegnandosi in un cammino di discernimento con questi soggetti. Un altro atteggiamento interessante riguarda il mutato contesto ecclesiale, la consapevolezza sempre maggiore che Francesco esprime all’inizio del documento della pluralità differenziata, culturale ed ecclesiale, che compone il mondo cattolico (n. 3): «Ricordando che il tempo è superiore allo spazio, desidero ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano». Quindi il suo messaggio fa appello a questa unità nella diversità, suggerendo alle Chiese che «in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali».  Un altro elemento di questi tempi e caro a Francesco e al Concilio, è quello della Sinodalità che il documento lascia ben emergere anche nella sua struttura: nel testo si distinguono complessivamente ben 136  passaggi delle due relazioni sinodali, inoltre vi si ritrovano citazioni di documenti e riflessioni di Conferenze episcopali di tutti i Continenti, segno che Pietro lascia parlare e raccoglie il frutto della riflessione delle Chiese locali e dei suoi pastori. Il documento è pure netto e chiaro quando tratta materie delicate come l’educazione o la sessualità o anche i diversi tentativi postmoderni di equiparare la famiglia ad altre forme di unione, ribadendo su questi punti, la dottrina cattolica classica, dentro comunque un atteggiamento di rispetto. La Verità non viene meno nel nome della misericordia. E la stessa cosa vale per il principio evangelico fondamentale dell’indissolubilità del matrimonio. A tutto questo, forse in minor numero ma con grandissimo spessore qualitativo e –si potrebbe dire- con un taglio decisamente petrino, dunque capace di indicare chiaramente una linea che va nella direzione di misericordia, accoglienza, integrazione nella verità e attenzione ad entrare in materia nelle questioni più delicate, c’è la questione dei divorziati-risposati. Qui Pietro indica il cammino dell’integrazione e del discernimento personale (del cuore) e pastorale, fondando per altro la riflessione, principalmente su una soluzione teologica risalente a San Tommaso che il Sinodo del 2015 aveva suggerito e votato nella Relazione finale e che non esclude in taluni casi, dopo adeguato discernimento, anche l’accesso ai Sacramenti, come Francesco indica in particolare, nella nota 351. Per concludere e rinviarvi alla lettura ricca del testo mi piace citare uno dei primi passaggi del documento: «Intendo questa Esortazione come una proposta per le famiglie cristiane, che le stimoli a stimare i doni del matrimonio e della famiglia, e a mantenere un amore forte e pieno di valori quali la generosità, l’impegno, la fedeltà e la pazienza. In secondo luogo, perché si propone di incoraggiare tutti ad essere segni di misericordia e di vicinanza lì dove la vita familiare non si realizza perfettamente o non si svolge con pace e gioia». Per questo, come ha osservato il cardinale Schönborn, durante la presentazione in Vaticano, l’Esortazione propone un cammino di crescita a tutte le famiglie insieme, volendo superare le distinzioni tra i cosiddetti «regolari» e i cosiddetti «irregolari», ma anzi cercando di superare queste categorie.

9 Aprile 2016 | 07:23
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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