Laura Quadri

I giovani svizzeri attendono il Papa

Una visita del Papa all’estero è sempre qualcosa di eccezionale, ancora più eccezionale è il fatto che si tratta della quarta visita di un Papa a Ginevra: Ginevra come città nella quale si parla di pace, di ambiente, di diritti umani. Sono ore e giorni di attesa, di preparativi, di fervida organizzazione quelli che ci separano dal grande momento, durante il quale il 21 giugno alle 17 Papa Francesco terrà con la partecipazione della popolazione svizzera una Santa Messa al Palexpo, dopo aver incontrato il Comitato centrale del World Council of Churches (WCC), che quest’anno compie i suoi 70 anni. Si tratta di una comunità di 348 Chiese, provenienti per la maggior parte da tradizioni ortodosse, anglicane e protestanti, e comprendente anche un certo numero di Chiese pentecostali e Chiese africane indipendenti. La Chiesa cattolica non fa parte del Consiglio ecumenico delle Chiese, ma partecipa come «osservatrice» e collabora a vari livelli sin dal 1965.

Io, giovane pellegrina, cosa mi aspetto? Anzitutto, sono sicura che il Papa troverà il modo di richiamare alla missione comune di servire insieme Dio e di rispondere alle esigenze spirituali dell’uomo d’oggi. Il senso di unità è fecondo, anche per noi giovani, solo se da esso scaturisce anche la forza di mettersi al servizio, soprattutto di chi è affamato della verità. Se la visita di Francesco sarà un’occasione per mettere in evidenza gli importanti traguardi raggiunti e per affrontare le sfide future dell’ecumenismo, d’altro canto potrà far capire soprattutto alle giovani generazioni, cui spetterà reggere il mondo di domani, come si passa pacificamente dal conflitto alla comunione e, una volta che si è instaurata, come essa si coltiva e si nutre. I giovani attendono che qualcuno dimostri loro che quanto ci unisce è assai di più rispetto a quanto ci divide, in tutti gli ambiti, anche quelli della fede. Dei passi sono già stati fatti: la cooperazione del World Council of Churches con i dicasteri vaticani è migliorata molto negli ultimi anni; le esortazioni apostoliche Evangelii gaudium e Amoris laetitia e l’enciclica Laudato si’ sono state studiate dal suo gruppo operativo, senza contare che Francesco non è il primo papa accolto a Ginevra. Prima di lui vi erano state le visite di Paolo VI (giugno 1969) e di Giovanni Paolo II (giugno 1984). Ma il WCC non nasconde per questo la sua sorpresa; resta notevole che Papa Francesco abbia dato tanto rilievo a quest’organo durante la sua visita a Ginevra. I viaggi dei Papi precedenti erano stati dedicati anzitutto alla Svizzera e agli uffici ginevrini delle Nazioni Unite in qualità di capi di Stato. Papa Francesco viene prima di tutto come capo della Chiesa cattolica, vescovo di Roma e successore di Pietro. Viene dunque nelle vesti di Pastore, per proporre dei gesti di unità e fratellanza che sicuramente colpiranno il cuore di molti, giustamente desiderosi come siamo – in un modo dilaniato dalle guerre – di convivenza pacifica.

Il Papa ci mostra che essa si raggiunge camminando insieme: la pace non si fa su fogli di carta, virtualmente, guardandosi a debita distanza. No, la pace, l’unità si creano e si mantengono vive coinvolgendosi, partecipando, andando ad incontrarsi, interessandosi del lavoro del prossimo. In un mondo dove vige la competizione in molti ambiti della vita quotidiana e uno sguardo «distaccato e distante» verso il prossimo va per la maggiore, la visita del Papa a Ginevra ha già tutti i prerequisiti per insegnarci molto. Insegnarci anzitutto che l’ecumenismo può essere una scuola di vita e che la diversità è una risorsa, sempre.

 

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11 Giugno 2018 | 08:27
Tempo di lettura: ca. 2 min.
Ecumenismo (173), Ginevra (37), PapaFrancesco (1459)
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