Italo Molinaro

Giovani, Natale «a modo mio»

Di Don Italo Molinaro

Se n’è accorto anche il Mario, che con i suoi uomini organizza da anni l’apprezzatissimo panettone e vin brulé per tutti, dopo la messa di mezzanotte. Quest’anno non c’erano i giovani. Neanche quelli che stavano «solo» fuori dalla chiesa, a scaldarsi al fuoco, in attesa della «merendina». Chiesa non affollata, e soprattutto senza i giovani. Venivano in banda: affollavano l’ingresso, stavano tra di loro, chiacchieravano tutto il tempo. Ma c’erano. Da un po’ di anni il trend era al ribasso. E questa volta l’unico dei «soliti» ad arrivare, è stato Gabriele. L’ho visto quando è entrato, a messa già iniziata. Subito si è come bloccato, accorgendosi di essere solo. È rimasto, per fortuna. Nessuno dei suoi amici di sempre. Che penserà l’anno prossimo, al momento di decidere?

Ve lo assicuro: non ho mai sgridato nessuno la notte di Natale eh eh eh. Non ho mai predicato contro quelli che vengono solo la notte di Natale. Non ho mai usato la messa di mezzanotte per inveire contro i mali del mondo… Positivo, costruttivo, tenero… Me lo impongo! Ci provo! Ci credo! Lo sento!

Eppure…

Ho passato gli ultimi giorni dell’anno a pensarci, mentre preparavo un’intervista a due ricercatrici di Milano, autrici di un’inchiesta sui giovani e la fede: «Dio a modo mio». Le ho poi incontrate il 4 gennaio. Intervista diffusa a Chiese in diretta il 10 gennaio (RSI Rete Uno, podcast). Lasciare un segno, coltivare la relazione umana, in un clima di libertà… Le sole «ricette». Lo so, lo sento, ci gioco dentro…

Eppure…

Ho pensato una cosa: forse i giovani di Melide sono partiti, sono andati in altre chiese, invitati, e quindi missionari. Forse nelle loro famiglie hanno investito in una festa lieta e buona, che li ha arricchiti, rallegrati, resi pensosi, dentro un lungo cammino che ancora cerca svolte. Forse… «Natale… a modo mio»!

E non so che altro credere, in attesa di un segno. Ma se mi sentissero gli direi che gli voglio bene!

15 Gennaio 2016 | 07:00
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