Cristina Vonzun

Francesco a Firenze chiede una «Chiesa creativa»

di Cristina Vonzun
Ricominciare dalla persona di Cristo, essere una Chiesa creativa con l’impegno a fare dell’Evangelii Gaudium una specie di road map sinodale per una riflessione e un’operatività nelle parrocchie, nelle diocesi, nelle regioni della Chiesa in Italia. Non sono solo queste le indicazioni del discorso di Francesco alle rappresentanze dei cattolici italiani riuniti a Firenze per il convegno ecclesiale nazionale, tuttavia questi punti mi sembrano essere i più ricchi di novità progettuale. Ad un convegno che vuole pensare un «nuovo umanesimo» Francesco ha indicato «semplicemente» Gesù Cristo, l’uomo per eccellenza, Cristo che chiede di farsi carico dei poveri, della gente, del popolo. Per Francesco non c’è nessuna interpretazione astratta di questo umanesimo, ma l’indicazione di imitare Gesù nel Vangelo della misericordia concreta. Un’altra parola forte pronunciata dal Papa è stata «creatività», tradotta da Francesco in un invito alla Chiesa non solo ad essere in uscita, ma a farsi «ospedale da campo» e «piazza accogliente», capace di un’agire non frutto di strutture e programmi, ma opera dello Spirito Santo. Una creatività che deve essere capace di schivare (parola mia) due eresie indicate dal Papa, con una chiarezza inequivocabile: il «pelagianesimo» e le pulsioni gnostiche. Per Bergoglio, il pelagianesimo «conduce la Chiesa a riporre fiducia nelle strutture astratte» e «porta pure ad assumere uno stile di controllo, di durezza, di normatività». Sentiamo il Papa: «La norma dà al pelagiano la sicurezza di sentirsi superiore, di avere un orientamento preciso. In questo trova la sua forza, non nella leggerezza del soffio dello Spirito». La posta in gioco è alta e il fatto che il Papa la nomini così espressamente, significa che gli sta a cuore una liberazione da questa eresia. Chi vi cede infatti cerca «soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi, nella restaurazione di condotte e forme superate che neppure culturalmente hanno capacità di essere significative», perchè «la dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva. Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera: si chiama Gesù Cristo». Lo gnosticimo, la seconda eresia che può affliggere la comunità cattolica, il Papa la individua negli spiritualismi e nei soggettivismi che promettono di guadagnare la salvezza con «ragionamenti e conoscenze», mentre chiudono il soggetto nella soffocante «immanenza della sua propria ragione e dei suoi sentimenti». La Chiesa di Bergoglio, lo abbiamo capito una volta di più dopo il discorso di Firenze, è conciliare fin nel suo nocciolo profondo, è – come ha detto lui stesso a Firenze, «semper reformanda» , con una caratteristica essenziale e un metodo: innestarsi e radicarsi in Cristo lasciandosi condurre dallo Spirito. Il quadro, lasciatemelo scrivere, è quello di una appartenenza ecclesiale per laici e ministri del popolo di Dio, decisamente impegnativa, dove la fede stimola il cuore e il pensiero, la preghiera personale e il dialogo, che sono tratti costitutivi di un cristianesimo maturo e adulto, capace di mettersi in discussione, che non teme il dibattito, il dubbio, la domanda, che non teme «la riforma». Non è certamente comodo e tranquillo vivere così. Il Papa lo ripete continuamente. Un ultimo aspetto importante del discorso di Bergoglio sta nel suggerimento pratico che il Papa ha rivolto ai cattolici italiani: avviare in modo sinodale un approfondimento dell’Evangelii Gaudium per trarne criteri pratici e per attuarne le disposizioni. Dove? Nelle parrocchie, nelle diocesi, nelle regioni, ha indicato il Papa. Insomma, una formidabile indicazione di metodo che speriamo non resti nei buoni propositi papali, ma attivi una discussione sinodale a tutti i livelli (fedeli, laici, ministri, religiosi, religiose) là dove la gente vive e opera, pensa e spera. Pensiamoci su, anche nei territori confinanti la Chiesa in Italia.

10 Novembre 2015 | 14:19
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