Ernesto Borghi

Per essere e diventare madri e padri «totali»: spunti di riflessione

di Ernesto Borghi

Nel mondo, sia pure in forme diverse dal Nord al Sud, dalle città alle campagne, il progresso scientifico e tecnologico e il superamento di varie tradizionie pregiudizi passati consentono oggi scelte a favore della nascita, della preservazione della vita e della salute psico-fisica umane e dell’instaurazione di legami interpersonali che, anche non molti anni or sono, sarebbero state pura fantascienza. Che cosa è effettivamente umano e che cosa non lo è? Proviamo a proporre qualche riflessione anzitutto sul tema della nascita e dell’essere genitori.

Ancora oggi tante donne riescono ad essere madri, tanti uomini riescono a essere padri in modo biologicamente naturale, ossia senza l’intervento di tecniche che facilitino concepimento, gravidanza e parto, rimuovendo ostacoli fisici e/o psicologici che si frappongono a questi momenti vitalmente fondamentali. E, nelle società occidentali odierne non vi è più – perlomeno da qualche decennio – la necessità di procreare molti figli anzitutto per garantire la prosecuzione della specie umana e condizioni di vita confortevoli per gli anziani di famiglia.
D’altra parte è più che legittimo che vi siano molte donne e molti uomini che ritengono ancora oggi importante per il senso della propria vita mettere al mondo dei figli che vengano direttamente dalla loro unione fisica diretta. E non è difficile comprendere che quanti non sono in grado di fare ciò in questi termini, tentino strade diverse, anche rispetto all’adozione dei figli già esistenti che i loro genitori non hanno potuto o saputo tenere con sé.
La fecondazione omologa (= l’incontro di spermatozoi e ovuli tra persone tra loro sposate o unite civilmente o solo conviventi) è una via certamente positiva anche sotto il profilo etico sostanziale. Poter arrivare al concepimento di una nuova persona attraverso questa metodologia toglie all’incontro tra i partner tutto quanto di intimo e piacevole, a livello psico-fisico, vi è nel rapporto sessuale. Cionondimeno, per ragioni facilmente comprensibili, tale via rende la donna e l’uomo coinvolti genitori effettivi dall’inizio e permette di cominciare la gravidanza a colei che è madre di chi verrà al mondo in senso normale, pieno e sostanziale. La fecondazione appena considerata non è un processo senza ombre, ma ha permesso la nascita di tante bambine e di tanti bambini in condizioni complessivamente positive per tutti.
Chi, qualche decennio o alcuni anni fa, in Italia e altrove, nella Chiesa cattolica e in altri contesti religiosi e sociali, si opponeva a tali pratiche per motivi etici e/o religiosi, spesso ha perso delle buone occasioni per stare zitto. Perché? Anzitutto in ragione di una mentalità poco o per nulla attenta al contributo che scienza e tecnica hanno potuto e possono portare, per esempio, alla felicità della vita di donne e uomini biologicamente sfortunati.
Altro discorso è quello proponibile a partire dalla fecondazione eterologa (= incontro tra spermatozoi e ovuli la cui provenienza è, per uno dei due partners, estranea alla donna o all’uomo sposati o uniti civilmente o puramente conviventi che desiderano un figlio). Uno dei due potrà essere soltanto genitore adottivo in termini non molto diversi, nella sostanza, da quanto avviene per chi diventa giuridicamente padre o madre di bambini o ragazzi figli di altri.
Questa opportunità tecnica ha aperto la strada a quella che appare a moltissimi, in Italia e altrove, una devastante e inutile forzatura della natura: mi riferisco a quella pratica che viene chiamata, con indubbia eloquenza, «utero in affitto». Si tratta di una donna che mette a disposizione la propria capacità di ospitare una vita umana nascente dentro di sé «per conto terzi».
In alcuni Paesi del mondo tutto ciò è giuridicamente legale, ma questo fatto non rende eticamente, dunque umanamente accettabile un’opzione tragicamente triste come questa, che va assolutamente scoraggiata con tutte le soluzioni legislative ed amministrative possibili, per ragioni etiche, fisiologiche ed educative. Il mercimonio delle «gravidanze per altri» e, anche in assenza di scambi monetari, la sottrazione alle madri sostanziali del figlio, una volta messo al mondo, sono prospettive che di umano e di rispettoso della dignità della persona non hanno alcunché. In Italia ha destato scalpore il caso di Nicola Vendola, ex-presidente della regione Puglia e figura importante della sinistra politica movimentista italiana ed europea. Egli è divenuto «padre», insieme al suo compagno, di un bambino messo al mondo negli Stati Uniti grazie ad una donna limitata al ruolo di «utero in affitto». Tale azione è stata criticata aspramente anche da tanti esponenti della sinistra più marxiana anche in nome di un principio sacrosanto: la necessità di non scambiare il desiderio egocentrico di relazione umana di due adulti con il diritto effettivo di qualcuno a nascere in condizioni sin dall’inizio rispettose della sua dignità.
Tutto questo discorso dimostra qualcosa di assai importante: quello che scienza e tecnica prospettano deve sempre essere confrontato con l’idea di essere umano che si intende condividere e tutelare, in modo che a prevalere siano sempre i diritti effettivi, il bene reale di donne e uomini e non le scelte egoistiche e irresponsabili dei singoli. Non si tratta di promuovere nuove forme di Stato etico né di voler limitare la libertà sovrana di qualcuno, ma di provare a rispondere con sincerità ad una domanda: quello che si manifesta nella pratica del cosiddetto «utero in affitto» è complessivamente e integralmente, vero amore, cioè amore davvero umanizzante?

9 Marzo 2016 | 09:35
Tempo di lettura: ca. 3 min.
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