L'Enciclica  Laudato Si' di papaFrancesco.
Daria Lepori

Di fini e di mezzi

Di Daria Lepori
Dallo scorso mese di giugno le parole «fini» e «mezzi» non mi fanno più pensare al Principe di Macchiavelli, ma alla Laudato si’ di Francesco. Dopo aver constatato che «[…] l’umanità postmoderna non ha trovato (nel consumismo, ndr) una nuova comprensione di sé stessa che possa orientarla, e questa mancanza di identità si vive come angoscia.», il Papa conclude: «Abbiamo troppi mezzi per scarsi e rachitici fini.» (203) Tradotto in linguaggio manageriale: sto facendo le cose sbagliate, le faccio male e sto investendo troppe risorse.
Non mi è ancora ben chiaro se sia più vero che abbiamo «troppi mezzi» o «scarsi e rachitici fini»… Personalmente sono convinta che stiamo sprecando risorse: i negozi sono pieni di accessori, vestiti, scarpe, mobili, apparecchi che non ci servono; lasciamo accese troppe luci, macchine, computer; buttiamo nella spazzatura pane, verdura, carne che potremmo ancora consumare. Se possiamo permetterci di comperare cose che non ci servono e di buttare ciò che è ancora è valido vuol dire che abbiamo troppi mezzi. Anche su scala mondiale vale la stessa cosa; penso al commercio di armi, ai budget per gli armamenti dei nostri stati. Quanti soldi che potrebbero risolvere problemi reali: la malaria, la mortalità dei neonati, la malnutrizione, le condizioni di lavoro disumane…
E qui arriviamo agli «scarsi e rachitici fini» di Papa Francesco. Un’affermazione di tale crudezza, non l’avevo davvero mai sentita!
Mi vien da pensare agli Obiettivi del Millennio per lo Sviluppo, messi a punto nel 2000. Definirli scarsi e rachitici non fa loro onore: dimezzare, entro 15 anni, il numero di persone che patiscono la fame e sono povere non è cosa da poco. Ma i 15 anni sono passati e gli obiettivi sono stati raggiunti solo in parte. Anche per la mancanza dei mezzi, che sono finiti altrove (vedi sopra). A New York dal 25 al 27 settembre la sfida è stata rilanciata; l’appuntamento è ora fissato al 2030. I nuovi fini non sono scarsi (sono 17) e nemmeno rachitici. Il problema è che sono assunti solo da una parte della società e non da «quelli che fanno parte della minoranza che detiene il potere economico e finanziario.» (ibid.)
La frase del Papa che ho citato in apertura si trova all’inizio del capitolo 6 intitolato «Educazione e sensibilità ecologica». Se andiamo all’etimologia della parola «ecologia» vediamo che contiene il termine greco oikos = casa comune. È un concetto che mi piace molto. Evoca uno spazio, la casa, e una comunione di esseri viventi, io, tu, lei, lui, voi, loro… La casa è il mondo e la comunità è l’umanità, comprese le generazioni passate e quelle future. I mezzi che impieghiamo per realizzare fini comuni sono irrisori, e la strada per costruire una sensibilità ecologica è ancora lunga. la chiusura di queste riflessioni me la fornisce ancora la Laudato si’: «Eppure, non tutto è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto. Sono capaci di guardare a sé stessi con onestà, di far emergere il proprio disgusto e di intraprendere nuove strade verso la vera libertà. Non esistono sistemi che annullino completamente l’apertura al bene, alla verità e alla bellezza, né la capacità di reagire, che Dio continua ad incoraggiare dal profondo dei nostri cuori. Ad ogni persona di questo mondo chiedo di non dimenticare questa sua dignità che nessuno ha diritto di toglierle.»(205)

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19 Novembre 2015 | 07:00
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