Laura Quadri

Chiamatemi Francesco

di Laura Quadri

Proprio di recente sentivamo nella liturgia della Parola del momento in cui viene apposto a Gesù il suo nome; anche il Figlio di Dio ha bisogno di un nome per essere riconosciuto tra gli uomini. Dare un nome è dunque l’inizio di una storia. La vicenda di una persona che viaggerà attraverso la storia lasciando traccia di sé e di quello che si porta nel cuore. Tanto più nobile sarà il tesoro racchiuso nello scrigno segreto del suo intimo, tanto più prezioso sarà il suo contributo al mondo. Ad alcuni di noi, poi, sarà chiesto di dare risposte importanti a contingenze storiche del tutto particolari. Succede così nella vita di Bergoglio, ripercorsa nel nuovo film di Daniele Luchetti «Chiamatemi Francesco» (2015); una vita talora difficile e cruda, che lo ha costretto a confrontarsi con la debolezza e la povertà del popolo argentino degli ultimi cinquant’anni. I primi problemi affrontati dal futuro pontefice sorgono con la dittatura imposta dal presidente di allora Videla, che costringeva il clero ad appoggiarlo o a farsi da parte. È allora che Bergoglio decide di ospitare nel collegio di gesuiti da lui guidato alcuni seminaristi, incorrendo però in perquisizioni forzate e grandi umiliazioni. Vediamo poi Bergoglio nelle vesti di vescovo ausiliario di Buenos Aires, alle prese con una difficile operazione di mediazione, sospeso tra le esigenze dei potenti e la difesa di un’ingente massa di popolazione che deve essere sfollata dalla bidonville per poter iniziare i lavori di costruzione di un nuovo quartiere ricco. Da ultimo, Bergoglio a fianco dei parenti dei desparecidos, inerme come tutti davanti a questa tragedia, ma capace di consolare come un buon pastore. Seguendo il futuro pontefice passare di situazione in situazione, sempre più delicate, lo spettatore ha la sensazione di capire progressivamente meglio il senso del termine «vocazione»: una chiamata verso Altro e verso gli altri. Non c’è infatti vera crescita spirituale che non sviluppi anche la nostra umanità; la misura della santità è l’umanità con la quale agiamo. La santità non può che essere un cammino spirituale ed umano al contempo. Per questo la dedizione al prossimo – sentita, vera, impegnata, descritta nel Vangelo in passi bellissimi come quello del samaritano che soccorre l’uomo maltratto dai briganti (Lc 10, 30-36) – è sempre la scelta migliore. Una scelta che ci porta non solo a farci prossimi degli altri, ma anche sempre più vicini alla verità su noi stessi: tanto più amieremo tanto più ci scopriremo innamorati e aperti all’Infinito, capax Dei. Non perdiamo l’occasione, facciamoci avanti!

14 Gennaio 2016 | 06:41
Tempo di lettura: ca. 2 min.
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