Cristina Vonzun

Che cosa resterà di questo Sinodo? Qualche spunto in direzione «teologia»

di Cristina Vonzun

Che cosa resterà di questo Sinodo? Devo dire che dopo aver letto la Relazione finale approvata a 2/3 in tutti i suoi punti dai vescovi, attendo con molta curiosità il documento finale, l’Esortazione apostolica postsinodale del Papa. La ragione fondamentale per cui l’attendo è per il modo in cui verrà scritta: immagino quel linguaggio fresco e convincente con cui Francesco ci diletta nei suoi interventi. Non voglio togliere nulla all’opera ciclopica compiuta dai padri sinodali che hanno fornito a Francesco uno strumento di lavoro completo e anche ben organizzato. Tuttavia la freschezza comunicativa del Papa è insuperabile, quindi le stesse cose integrate e dette nel linguaggio che è proprio di Bergoglio, saranno sicuramente un premio ulteriore allo sforzo compiuto dai padri sinodali. Perché è vero quello che ha scritto in queste ore Andrea Grillo, teologo genovese, in un pezzo a commento del Sinodo e che traduco per me come segue: indipendentemente dalle diverse elaborazioni teologiche e dallo sforzo interessante del gruppo linguistico tedesco che ha offerto a Francesco la palla da rugby che tocca a lui e a nessun altro portare a meta, con la soluzione teologica ad un problema che pareva non avere vie di uscita (le vie di uscita non ci sono se non le si cerca), ebbene, il Sinodo ha il suo maestro nel pensiero proprio nel Papa, capace di sintesi mirabili tra teologia e spiritualità. Condivido con voi le prossime righe della riflessione del teologo italiano Grillo, che vi copio qui sotto, perché mi pare possano essere una riflessione interessante. Osserva Andrea Grillo nel suo blog: «Francesco fa parlare la tradizione con «nuove parole»: egli stesso le inventa, con una creatività inesauribile e quasi incontrollabile, di cui egli appare più «strumento» che «autore». Non più tardi di stamattina (la Messa conclusiva del Sinodo), sotto la forza del testo evangelico su Bartimeo, il papa ha elaborato – sistematicamente, lo ripeto – due categorie di grande forza per descrivere «atteggiamenti distorti» nei confronti della tradizione: la «spiritualità del miraggio» e la «fede da tabella» indicano due scivoloni nel rapporto con Cristo, che rischiano di apparire «ovvi» e quasi «consigliabili» per i discepoli…esattamente come, sabato, nel discorso conclusivo nell’Aula Sinodale, Francesco smascherava le forme della «obbedienza alla tradizione» che scambiano lo spirito con la lettera, gli uomini con le idee, la apparenza con la sostanza. In breve, Francesco sta rinnovando non solo il papato, la Chiesa e la pastorale, ma il modo di «fare teologia». Lo fa con un impegno e una dedizione del tutto straordinaria. E non perde occasione di distinguere dove siamo abituati e confondere e di unificare dove siamo abituati a distinguere. Si capisce che qualcuno patisca per questo travaglio. Ma è il solo modo con cui, 50 anni dopo il Concilio Vaticano II, viene rimessa al centro la «sostanza dell’antica dottrina del depositum fidei»: nutriente e feconda come la Parola di Dio, cui è restituita una autorità vitale, sorgiva e travolgente, prima di ogni mediazione dottrinale e disciplinare. Francesco è teologo fine perché sa di doversi collocare alla radice stessa della dottrina e della disciplina, del matrimonio come della Chiesa. Abita quel luogo – mistico ed elementare – dove risuona una parola più libera e più esigente, alla quale fanno eco, quotidianamente, le sue parole semplici e dove risuona una parola più libera e più esigente, alla quale fanno eco, quotidianamente, le sue parole semplici e ispirate, i suoi gesti disarmanti e profetici*. E qui chiudo la lunga citazione di Grillo. Chissà… se questa non è solo una buona retorica? Altrimenti potrebbe essere un processo incredibile di riforma anche nel fare teologia. D’altra parte Francesco concludendo il Sinodo ha parlato di «’immagine viva di una Chiesa che non usa «moduli preconfezionati», ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi» (riprendendo, per altro, una frase della Lettera di Francesco al Gran Cancelliere della «Pontificia Universidad Católica Argentina» nel centesimo anniversario della Facoltà di Teologia, 3 marzo 2015, in cui il Papa – tra l’altro – ha chiesto di interrogarsi sulla Misericordia nelle diverse discipline teologiche. Qui il link alla lettera papale menzionata: http://www.news.va/it/news/lettera-del-santo-padre-al-gran-cancelliere-dell-6

https://www.flickr.com/photoskoreanet
27 Ottobre 2015 | 07:00
Tempo di lettura: ca. 2 min.
Condividere questo articolo!