Ernesto Borghi

Che cosa è la Chiesa Cattolica oggi? Semplici riflessioni contemporanee

di Ernesto Borghi
Che cosa è la Chiesa cattolica all’inizio di questo giubileo straordinario? Questa è una domanda che richiederebbe mesi di attenzione scientifica e culturale soltanto per essere istruita. Mi limito qui a poche riflessioni, che non hanno alcuna pretesa, appunto, di carattere scientifico-accademico, ma sono offerte, mi sembra, con serietà culturale e passione formativa, al cuore e alla mente di tutte le donne e di tutti gli uomini che visitano questo blog.
Una rappresentazione visiva simbolicamente assai efficace di che cosa sia oggi la Chiesa di Roma è stata data, martedì scorso, da alcune immagini. Quali? Quelle di papa Bergoglio che apriva la porta santa della basilica di San Pietro e papa Ratzinger sullo sfondo della stessa inquadratura. La sapienza professionale del regista Wim Wenders ha plasticamente ricordato che senza il papa tedesco quello argentino non sarebbe stato possibile, per molte e complesse ragioni.
Ratzinger ha sulla coscienza la responsabilità di essere stato il principale collaboratore di papa Giovanni Paolo II nel propagare, in buona fede, un’idea di cristianesimo in larga misura autoritaria, dottrinalistica, dunque non proprio evangelica? Probabilmente sì. D’altra parte senza le coraggiose dimissioni di Ratzinger del febbraio 2013 a Jorge Mario Bergoglio vescovo di Roma si sarebbe mai arrivati?
E mercoledì 9 dicembre, parlando al telefono con una persona gentile e colta, che è di ispirazione cristiano cattolica come me ed è impegnata professionalmente nel campo delle comunicazioni sociali in una diocesi italiana, mi sono sentito dire qualcosa di molto interessante. «Su papa Francesco non ci si può dividere come tra tifosi della Lazio e della Roma, dell’Inter e del Milan»…Il collega lamentava il fatto che la contrapposizione tra estimatori e detrattori del vescovo di Roma attuale assuma connotati dannosi anzitutto sotto il profilo religioso, ecclesiale e formativo.
Condivido quanto egli dice: gli opposti schieramenti, talora divengono opposti estremismi e spesso sono reciprocamente portati a delegittimarsi a vicenda, e tutto ciò non è un fenomeno positivo né auspicabile sotto nessun punto di vista. Ciononostante, proviamo ad osservare, sia pur per accenni e con un certo distacco, quanto è avvenuto dopo il pontificato di Pio XII, davvero lontanissimo da noi (per molti versi grazie a Dio) assai più dei sei decenni scarsi che ci separano dalla morte di Eugenio Pacelli. Giovanni XXIII e Francesco, tra luci e ombre (si pensi, per es., che cosa Giovanni XXIII pensava dei preti operai e di padre Pio da Pietralcina e quali atteggiamenti duri avesse il Bergoglio superiore dei gesuiti in Argentina), hanno delineato e delineano un’identità di fede cristiana ad un tempo vitalmente tradizionale e capace di giungere evangelicamente al cuore degli esseri umani, guardando al futuro della Chiesa e della società.
Altri vescovi di Roma, per molte ragioni, non hanno saputo né forse voluto porsi in questi termini. Per ragioni biografiche personali e storiche globali Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger, diversissimi tra loro anche livello caratteriale, hanno incarnato, insieme, una prospettiva di fede cristiana arroccata sulla presunta eccellenza etica della loro interpretazione tradizionale polacco-tedesca, con un piglio verticisticamente gerarchico. Il pontefice polacco, come hanno ricordato durante il suo ministero padre Alex Zanotelli e mons. Tomas Balduino (cfr. il volume L’era Wojtyla, Editrice Meridiana) è stato «ancipite»: di straordinario rilievo all’esterno della Chiesa cattolica, per es., nel rivendicare giustizia e diritti umani; piuttosto rovinoso all’interno di essa, insistendo su un modello ecclesiale e su un’idea di presbitero probabilmente risolutivi nella Polonia degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del XX secolo, ma tutt’altro che positivi in tanti altri luoghi del mondo. Possiamo affermare che tali affermazioni siano infondate?
Il vescovo Wojtyla e il professor Razinger hanno partecipato entrambi al Concilio Vaticano II. Ciononostante delle istanze di apertura intra ed extraecclesiali conciliari non hanno saputo né forse voluto incarnare la spinta al dialogo con le altre ispirazioni culturali in senso paritario. Bergoglio, non molti anni più giovane di loro, chiaramente esprime tale logica di rapporto culturale ed umano, alla ricerca della verità non per gli altri e davanti agli altri, ma insieme agli altri.
Certo: egli stesso ha vissuto, come è noto, una parabola esistenziale in cui l’apertura di cuore e di mente che oggi dimostra è giunta al termine di un percorso umano e culturale complesso. Ma papa Francesco non ha paura né a livello personale né a livello culturale globale. Chi l’ha preceduto dal 1978 in poi, per tante ragioni, spesso è parso proprio paralizzato dalla paura e poco fiducioso nella libertà dei figli di Dio oppure è stato così preoccupato di parlare al mondo, che non si è accorto di quanto di anti-evangelico gli succedeva «in casa». E il movimentismo cattolico più integrista a livello etico e disciplinare ha variamente trionfato…
Se non si ha paura del confronto con l’altro, se si sa che la salvezza degli esseri umani non è in discussione, perché Gesù Cristo è già risorto, ma che quello che è in gioco è la pienezza di felicità nella vita, se si è consci del fatto che l’inferno è quello che l’essere umano può procurarsi qui e ora prima di qualsiasi discorso ultraterreno (e potrei continuare a lungo…), la fede appare uno strumento di libertà esistenziale, lo ribadisco, insieme agli altri…Sotto questi ed altri punti di vista, è più liberante ed evangelica la prospettiva «polacco-tedesca» o quella «bergamasco-argentina»?
La discussione merita, credo, di poter proseguire e la continueremo, spero, in tutta serenità, senza rigidità ideologiche e con ulteriore profondità, sempre tenendo presente l’immagine positiva che ho citato all’inizio, da Ratzinger a Bergoglio, e gli abbracci sinceri e affettuosi tra i due sin da subito, dopo l’elezione bergogliana del 13 marzo 2013. Comunque sarà sempre utile, credo, quale che sia l’opinione che abbiamo dei due vescovi di Roma appena menzionati, porci due interrogativi decisivi, in particolare nel corso di questo giubileo della misericordia e rispetto all’identità presente e futura della Chiesa cattolica all’interno della Chiesa di Cristo: che cosa significa, da un capo all’altro del mondo cattolico, «Vangelo»? Annuncio di una dottrina speculativamente più o meno raffinata della vita cristiano-cattolica strettamente intesa? O essenzialmente la proclamazione esistenziale, ragionevole ed appassionata, dal rito alla vita, dalla vita al rito, dell’amore di Dio in Gesù Cristo? Alla prossima…

14 Dicembre 2015 | 07:00
Tempo di lettura: ca. 4 min.
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