Mons. Blaise Cupich, arcivescovo di Chicago, Usa.
Internazionale

Voci «made in USA» sul Sinodo

 

– Un’etica dell’accompagnamento sembra aver guidato l’idea del papa del recente Sinodo straordinario sulla famiglia. Alcuni vescovi hanno lamentato una certa confusione riguardo a quell’appuntamento – dovuta o alla copertura mediatica del Sinodo o al fatto che effettivamente ve ne sia stata al suo interno -.

 

«Non bisogna affatto prendersela con i media. Penso che essi abbiano riportato quello che è effettivamente accaduto. Quello che è successo realmente in Sinodo è che una maggioranza di vescovi ha votato a favore di tutte le proposte che erano contenute nel documento finale di sintesi. E penso che fosse questo il senso dell’intervento del card. Dolan all’assemblea dei vescovi [statunitensi; ndt] di Novembre.

E’ vero che tre paragrafi (sui divorziati e le persone omosessuali) non hanno ottenuto il sostegno della maggioranza dei due terzi, ma hanno ottenuto comunque una maggioranza più che dignitosa. Questo è il punto. Così sono andati i fatti. Le questioni calde sono state messe in luce e la maggioranza dei vescovi ha votato a favore delle proposte che affermavano la necessità di ponderare punti specifici di tali questioni.

Il papa crede fermamente che lo Spirito del Signore risorto sia presente in mezzo a noi e sia vivo nei cuori delle persone e che non possiamo mettere a tacere quella voce. Dobbiamo trovare modalità per ascoltare in che modo il Signore opera nella vita delle persone.

Per questo il papa ha detto ai padri sinodali: ‘Non venite al Sinodo e dite che non si può dire questo o quello’ perché è lo spirito di Cristo che ci sta dicendo di dire queste cose. E noi dobbiamo dargli ascolto».

 

Il Vaticano ha sviluppato un altro documento per i vescovi di tutto il mondo in vista del Sinodo del prossimo ottobre, chiedendo a loro di diffonderlo il più ampiamente possibile tra i fedeli. Come intende fare ciò qui a Chicago?

 

«Ho incontrato il Consiglio femminile dell’arcidiocesi, il gruppo dirigente del Consiglio presbiterale e il Consiglio pastorale arcidiocesano. Ho dato loro la Relatio Synodi e ho chiesto loro di fare delle proposte per come realizzare un’efficace – non necessariamente diffusa – consultazione nei loro rispettivi gruppi, in modo che io ne sia informato e i nostri sacerdoti siano informati per parlarne accuratamente alla nostra gente.

Questo mi servirà per rispondere alla Santa Sede. E mi servirà anche per per parlarne con i miei confratelli vescovi, visto che è probabile che sarà su questo il prossimo ordine del giorno dell’incontro di giugno.

Vorrei fare quello che ho fatto l’anno scorso a Spokane [mons. Cupich è entrato a Chicago il 20.9.2014; ndt]. Penso che dedicheremo una giornata per i sacerdoti con una presentazione su due punti: Primo, quali sono le questioni canoniche in gioco? Un buon canonista può rispondere che vi sono molti modi con i quali manifestare attenzione ai bisogni della nostra gente.

E secondo, dobbiamo analizzare la nozione di teologia della famiglia.

Il card. Walter Kasper ha tenuto una relazione ai cardinali su questo che è stata pubblicata in un volume con il titolo Il Vangelo della famiglia.

A Spokane ne ho dato una copia a ogni sacerdote. Poi ho chiamato un sacerdote che conosce molto bene la teologia del card. Kasper, mons. John Strynkowski, e li ha aiutati a comprendere il messaggio del cardinale.

Penso che sul libro del card. Kasper la gente si sbagli. Guardano solo il quinto capitolo (che propone che alcuni cattolici divorziati e risposati siano riammessi all’eucaristia).

Ci sono altri quattro capitoli sulla teologia della famiglia e del matrimonio che sono immensamente ricchi e che dobbiamo approfondire. Solo dopo allora potremo guardare alle sue proposte che sono per altro molto ristrette in termini di una loro possibile applicazione».

 

Le decisioni del Sinodo hanno anche reso esplicite domande teologiche di tipo dottrinale. A suo avviso come il processo sinodale stesso interpreta la natura del’insegnamento della Chiesa?

 

«La nostra è una Tradizione vivente. Lo è sempre stata. In nessun momento storico è possibile idealizzarla in modo da mettere in dubbio il fatto che la Tradizione sia qualcosa di vivo. E’ una Tradizione vivente non per quello che noi diciamo ma perché il Cristo risorto è sempre all’opera con qualcosa di nuovo nella vita della Chiesa.

Nell’Evangelii gaudium di papa Francesco vi è un’intera sezione nella quale egli parla dell’idea che Cristo sta sempre compiendo qualcosa di nuovo nella vita del suo popolo mentre lo accompagna.

Ho insegnato Teologia liturgica per parecchi anni e partivo sempre da un punto con i miei studenti: ‘Immaginatevi come doveva essere per la Chiesa primitiva cambiare le modalità con cui celebravano l’eucaristia’.

Questo emerge con chiarezza nelle narrazioni paoline e lucane. All’inizio c’era la benedizione del calice, poi la frazione del pane; infine un pasto intero e una seconda benedizione del calice.

Poi all’improvviso – lo vediamo in Corinti – essi decisero che la condivisione del pasto doveva essere tolta perché era fonte di divisione nella comunità. Così misero assieme la frazione del pane e la benedizione del calice, senza il pasto.

Si pensi a quanta immaginazione sia stata necessaria e quale cambiamento per loro abbia significato dal punto di vista spirituale e culturale togliere l’eucaristia da quella ambientazione legata al pasto.

Questo mostra che qui c’è una Tradizione vivente.

E’ la stessa cosa per quanto riguarda il passaggio dal greco al latino. E’ stato un grande cambiamento. Il greco era una lingua sacra. E invece c’era il latino volgare – ed è per questo che abbiamo la Vulgata -.

Un altro esempio è quello della questione della circoncisione.

Così è una Tradizione vivente, ma questo rivela che non ha molto a che fare con le idee che avevamo in mente. A a che fare con quanto siamo sensibili a quanto lo spirito del Cristo risorto sta compiendo in mezzo a noi, sta creando qualcosa di nuovo nella vita della Chiesa.

Quello a cui siamo chiamati è l’umiltà e la conversione.

Il papa ha detto che questo è il momento nel quale siamo chiamati alla conversione. E questo vale anche per i leader della Chiesa. Siamo così legati e cullati da una particolare modalità secondo la quale abbiamo operato che siamo diventati immuni alla grazia della novità di Cristo? Questa è una domanda molto importante per noi. Che tipo di conversione dobbiamo mettere in atto in quanto leader in questo momento?»

 

Il papa visiterà a settembre Philadelphia per la conclusione della Giornata mondiale delle famiglie. Che cosa si aspetta di vedere dati pareri molto diversi che vi sono tra i cattolici americani su alcuni dei temi tipici di papa Francesco come l’immigrazione e la giustizia economica?

 

«Forse ci sono voci che non sono d’accordo col papa su Cuba, sull’immigrazione, sul modo con cui legge l’economia. Ma se si parla con le persone sia credenti sia non credenti, l’opinione su di lui è ampiamente positiva. Ve ne sono controprove in diversi campi. Vedo che ci sono alcuni cattolici che sono molto critici sul ristabilimento delle relazioni diplomatiche con Cuba. Non criticano apertamente il papa per il suo coinvolgimento. Anche se l’impronta del papa in questo fatto si vede tutta. E’ chiaro che si è adoperato perché ciò accadesse.

Se oggi facessimo un sondaggio esso mostrerebbe che la grande maggioranza dei cattolici sono entusiasti verso questo papa.

Pertanto la sua visita sarà un momento davvero importante per la Chiesa cattolica in questo paese».

Mons. Blaise Cupich, arcivescovo di Chicago, Usa.
6 Marzo 2015 | 08:00
Tempo di lettura: ca. 4 min.
Condividere questo articolo!