Sant’Egidio: feste con i più poveri durante il Ramadan

Con la «rottura del digiuno» la comunità organizza in tutto il mondo feste e cene con le comunità musulmane. «Sì alla pace, no alla violenza in nome della religione».

In un momento di profonda crisi in diverse aree del mondo, per gli scenari di guerra in Medio Oriente e in Africa, ogni gesto di amicizia può aiutare il dialogo, contribuire all’integrazione e realizzare una «pace preventiva».

Ieri, con l’Aid-El-Fitr, la grande rottura del digiuno, nel carcere romano di Rebibbia, si è concluso un ciclo di appuntamenti promossi dalla Comunità di Sant’Egidio in tutto il mondo durante il Ramadan: momenti di festa e cene, alla fine o nel corso del mese (con l’Iftar, la rottura quotidiana del digiuno), offerte ai musulmani poveri di numerose periferie urbane in Asia, Africa, Europa e in alcune carceri italiane.

A Giacarta, la capitale dell’Indonesia, come a Sargodha in Pakistan, a Milano come nel Cie di Ponte Galeria alle porte di Roma, sedersi a tavola insieme, cristiani e musulmani, aiuta il dialogo e fa cadere muri di diffidenza. Iniziative preziose anche per dissociare le religioni dal terrorismo e da ogni forma di violenza aprendo nuovi fronti per una maggiore conoscenza reciproca. E’ infatti l’ignoranza il peggiore nemico dell’integrazione: la «pace preventiva», quella che può fare argine all’odio, nasce dall’incontro e dall’amicizia.

In molti casi si tratta di feste organizzate nelle periferie urbane di grandi metropoli dove sono più forti le divisioni e più facile l’isolamento delle diverse comunità straniere. La Comunità di Sant’Egidio, presente da anni in queste città, offre un’opportunità a chi, pur osservando il digiuno, non ha i mezzi per fare festa insieme, da chi non ha casa a chi vive negli slums. Per carceri come Rebibbia o Regina Coeli, dove Aid-El-Fitr si è festeggiata mercoledì scorso con un centinaio di detenuti, è stato un momento di dignità che accompagna ad un futuro riconciliato.

(santegidio.org)

28 Luglio 2015 | 17:55
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