Mons. Auza: la Comunità internazionale fermi l'uso dei bambini soldato

015-03-31 Radio Vaticana

«Quanto tempo dovrà ancora passare prima che smetteremo di distogliere il nostro sguardo?» E’ il drammatico interrogativo con cui mons. Bernardito Auza, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, ha concluso il suo intervento al dibattito sui bambini nei conflitti armati che si è tenuto di recente presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a New York. Il servizio di Adriana Masotti:

L’uso dei bambini soldato nei conflitti rappresenta una sfida crescente di fronte alla quale la Comunità internazionale non si può sottrarre. Gli strumenti ci sono, mancano però la volontà politica e il coraggio morale. Non usa mezzi termini mons. Auza per richiamare i governi nazionali e Nazioni Unite alle loro responsabilità.

«Il 2014, afferma l’ arcivescovo, è stato l’anno peggiore nell’era moderna» per l’uso dei bambini come soldati. Solo in Siria e in Iraq ne ha coinvolto più di 10.000. «Dobbiamo tutti fare il primo passo e affermare uniformemente che il reclutamento e l’uso di bambini nei conflitti armati non è solo una grave violazione dei diritti internazionali umanitari e umani, ma è anche un male abominevole che va condannato. Questa affermazione non deve essere fatta solo dai Governi, ma da tutti i leader sociali, politici e religiosi».

Mons. Auza ricorda al Consiglio di sicurezza dell’Onu la sua missione fondativa, quella di mantenere la pace e la sicurezza internazionali. Essa non permette di voltare le spalle ai conflitti in nome di interessi politici nazionali o di dissensi geopolitici con altri Paesi. La responsabilità della protezione dei cittadini spetta ai Governi nazionali, ma sollecita, dunque, anche la comunità internazionale a intervenire. «Nel caso di attori non statali che reclutano con la forza e usano bambini soldato in tutto il mondo o che commettono brutali violenze contro minoranze religiose ed etniche, quando lo Stato non è disposto o è incapace di affrontare tali atrocità, è responsabilità di questo organismo fornire, una volta esauriti tutti gli altri strumenti e mezzi, gli strumenti militari necessari a proteggere i cittadini da simili aggressori disumani».

L’uso della forza però non basta. «Il primo passo, sottolinea mons. Auza, consiste in un rinnovato impegno nell’affrontare situazioni umanitarie, sociali, politiche ed economiche che portano ai conflitti in cui i bambini vengono costretti a combattere. A tale riguardo, le comunità religiose possono svolgere un ruolo fondamentale nel servire le comunità colpite, reintegrando gli ex bambini soldato» , offrendo loro percorsi di assistenza e di riconciliazione,  e condannando «le organizzazioni che cercano di giustificare l’uso dei bambini per perseguire obiettivi ideologici motivati da visioni distorte della fede e della ragione». Occorre da parte di tutti uno scatto di volontà e di coraggio per far fronte a questa sfida, ribadisce l’arcivescovo che conclude con un appello accorato: «Poiché i bambini vengono sequestrati fin dalla scuola per essere schiavizzati, poiché sono costretti a diventare attentatori suicidi e poiché vengono drogati e torturati per fare di loro dei bambini soldato, quanto tempo dovrà passare prima che smetteremo di distogliere il nostro sguardo?

(Da Radio Vaticana)

31 Marzo 2015 | 18:00
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