Messaggio dei Vescovi svizzeri per la Domenica del Malato 2015 in Svizzera (1o marzo 2015)  

Le chiacchere sulla vita che non varrebbe la pena d’esser vissuta sono una «grande menzogna» (papa Francesco)

Cari fratelli e sorelle,

Con una citazione dal libro di Giobbe, gran Sofferente, papa Francesco introduce il suo commovente messaggio per la 23ma Giornata Mondiale del Malato: «Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo» (Gb 29,15). Il papa accosta la tematica dal profilo della «sapientia cordis», della «sapienza del cuore», poiché tale conoscenza è «un atteggiamento infuso dallo Spirito Santo nella mente e nel cuore», «piena di misericordia e di buoni frutti» (Lettera di Giacomo 3,17).

Con un ulteriore versetto biblico tratto dal Salmo 90,12, e cioè «Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio», papa Francesco individua il contesto in cui situare il Messaggio di quest’anno. Stigmatizza subito la crescente accettazione della morte per delega, sotto forma di eutanasia e suicidio assistito. «Quale grande menzogna invece si nasconde dietro certe espressioni che insistono tanto sulla ‘qualità della vita’, per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute!» (Messaggio, § 3). Il papa perora la causa d’un impegno accresciuto nei confronti degli ammalati; ed effettivamente l’esperienza insegna che idee suicidarie o l’impressione di esser soltanto di peso scemano o svaniscono del tutto presso chi fa l’esperienza di qualcuno che si devolve premurosamente per lui. «Il nostro mondo dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato», scrive Francesco. Per lui questo tempo è «un tempo santo». Ci esorta quindi a chiedere «con viva fede allo Spirito Santo che ci doni la grazia di comprendere il valore dell’accompagnamento, tante volte silenzioso». Che ci resta da fare, con persone gravemente malate o moribonde, se non essere talora semplicemente presenti con loro, facendo silenzio e tenendole per mano? Vale tantissimo!

Dalla sofferenza accettata e condivisa può scaturire, agli occhi del papa, quella sapienza del cuore di cui ha parlato all’inizio, «benché l’uomo con la propria intelligenza non sia capace di comprenderla fino in fondo».

Oggigiorno, l’arte medica e terapeutica è tanto evoluta e dotata di finezza che il malato critico non deve temere dolori insopportabili. Anche degenti in fase terminale si vedono mantenuta un’adeguata qualità di vita grazie a congrue misure palliative di trattamento, cura e accompagnamento, che facilitano e promuovono quei salutari processi di maturazione, contatto con la realtà e consapevole commiato, tanto importanti nell’ultima fase della nostra vita. Il morire va incuneato in un ambiente caratterizzato da amore, compassione, umanità. E’ pur vero che tutte le persone coinvolte dovrebbero ravvisare che morire non è una disfatta, bensì è parte integrativa della vita, come il nascere. A molti di noi una grave malattia, con esito a volte fatale, si offre come opportunità di maturazione ed adempimento; quanto spesso una malattia, foriera di morte, diventa cammino di riconciliazione con sé stesso, con Dio, con chi ci è caro. A tali processi occorre dar tempo e riguardo, accompagnarli con dedizione. Nessuno dovrebbe privarsene optando per una morte prematura, lasciando non poco interdetti parenti e amici. L’adagio suona quindi: dare ed accompagnare, per evitare l’eutanasia o il suicidio assistito e in sostanza la rottura drammatica della relazione.

Il papa Francesco sottolinea che persino nel dolore possiamo sperimentare la grazia di Dio; ringrazia ed elogia tutti coloro che si affaccendano non senza sacrificio attorno ai malati e li accompagnano con cura ed amore fino alla fine. Il papa lo fa tanto più perché molti degenti non possono più ripagare loro stessi parenti e personale di cura. I Vescovi svizzeri si associano a questo grazie del Papa e fanno propria la preghiera che rivolge alla Vergine Maria alla fine del messaggio:

«O Maria, Sede della Sapienza, intercedi quale nostra Madre per tutti i malati e per coloro che se ne prendono cura. Fa’ che, nel servizio al prossimo sofferente e attraverso la stessa esperienza del dolore, possiamo accogliere e far crescere in noi la vera sapienza del cuore».

A nome della Conferenza dei vescovi svizzeri:

+Marian Eleganti, Vescovo ausiliare di Coira

27 Febbraio 2015 | 12:01
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