Mazzolari, Milani e Giussani ai raggi X della grafologia

EVI CROTTI *

da Vatican Insider

 

Don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani, don Luigi Giussani: tre preti italiani diversissimi tra di loro, che hanno segnato la storia del cattolicesimo italiano del Novecento. Per il primo e per il terzo si sono già mossi i passi iniziali del processo di beatificazione. Un’esperta grafologa ne ha esaminato gli scritti autografi e ne traccia un profilo.

 

La «natura focosa» di don Primo

La natura focosa e compartecipativa di don Mazzolari è coadiuvata da una volontà ferrea che poco spazia lascia alle disquisizioni e alle elucubrazioni. In lui era forte il vivere tutto con amore e passione, specialmente ciò in cui credeva. Nessun timore lo fermava ed egli ha sempre lottato per la propria e altrui dignità.

La scorrevolezza del grafismo e alcune punte nelle lettere indicano la spigolosità di don Mazzolari nell’affrontare la discussione e nel sostenerla. Una volta acquisiti i fatti, senza troppo scendere in speculazioni, vissute da lui come perdita di tempo, egli non si soffermava sulle cose più di tanto, quasi dovesse «bruciare le tappe» per trovare presto il bandolo della matassa in funzione di una sana giustizia.

Amava scuotere le coscienze forse ancora di più che insegnare a pregare. Egli spingeva a vivere la fede combattendo l’ingiustizia per rendere le persone partecipi del proprio vissuto; non per possederle, quindi, ma per accendere in loro il fuoco della passione e della giustizia. Le sue lettere angolose, non rifinite, quasi gettate sul foglio, indicano la voglia di cambiare il mondo, di trascinare in questo fervore ardente l’intera società, nella consapevolezza che solo la giustizia, l’amore per la verità, la passione per l’uomo e la dignità fossero la massima legge del Vangelo.

Il suo credo per una nuova società, per una Chiesa più vicina al popolo lo ha reso sempre coerente con le proprie idee e figlio devoto, nonostante i diversi punti di vista.

 

Don Milani, la «priorità» dell’amore

La forma piccola delle lettere di don Lorenzo Milani indica una personalità schiva la cui natura introversa non ha spento la capacità di amare, di vivere e di cogliere i problemi che la vita presenta, anzi ha cercato di viverli in profondità e con consapevolezza (vedi il corretto spazio tra una parola e l’altra e lo scorrere fluido del grafismo), mettendo così a fuoco la priorità che l’amore ha nella vita di ogni uomo.

Don Milani mirava all’essenzialità delle cose e ai valori che formano la persona e, più che dettare norme vincolanti, cercava di avvicinare alla libertà del cuore. Dotato di un’intelligenza profonda, possedeva capacità logiche e uno spirito critico che ha dominato tutto il suo vissuto e gli ha permesso di saper argomentare in modo profondo la realtà circostante, senza giri di parole.

Lorenzo Milani non amava le mezze misure né chi le metteva in atto; il suo motto era evangelico: «che il vostro parlare sia sì, sì, no, no!». La grafia analizzata segnala anche il cammino di sofferenza che egli ha dovuto affrontare, a volte ingoiando rospi altre volte combattendo, contro gli «ottusi». Ciò recava in lui una forte afflizione, poiché non riusciva a capire come certi suoi compagni sacerdoti fossero così «duri di cervice».

Se la grafia mette in risalto un animo combattivo, uno spirito forte nel sostenere ciò che credeva con coerenza, un’intelligenza introspettiva e intuitiva fuori del comune, era logico che egli non potesse accettare compromessi o superficialità. Don Milani col suo modo di scrivere mette in evidenza coerenza, fedeltà al proprio credo e una sofferenza, anche fisica, che ci porta a definirlo «santo senza aureola».

 

Don Giussani, l’«impronta forte» del pensiero

Dalla scrittura di don Giussani emerge una personalità ponderata ed espansiva, con grandi capacità d’azione e ottima dialettica che gli hanno conferito abilità nel coinvolgimento.

Dall’angolosità presente alla base degli occhielli si evince la capacità di portare avanti le proprie idee a «muso duro». Difficilmente, infatti, egli veniva meno al proprio credo sociale, politico e religioso, anche andando contro corrente.

Sapeva conciliare generosità e riserbo, per cui riusciva a essere «uomo di tutti», ma anche unico, creando quasi un alone di mistero attorno a sé.

Le stentatezze che si notano nella grafia del 2004 non sono dovute all’età bensì a una salute precaria che doveva segnarlo da tempo.

Persona corretta e leale, egli manifestava con foga il suo sentire dando così un’impronta forte al pensiero, che risultava caratterizzato da incisività e perspicacia.

Il carisma gli derivava dalla tenacia, dalla costanza e da un intenso amore per l’uomo, sostenuto a sua volta dalla percezione che il male va sconfitto con la solidarietà (vedi scrittura grande e con equo spazio tra le lettere) e col credere che persino le montagne possono, con la fede, essere spostate.

 

* Psicopedagogista e direttore della Scuola di Grafologia di Milano

21 Maggio 2015 | 18:00
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