Chiesa

La Rerum novarum favorì la rinascita dell’impegno politico

Compie 125 anni la Magna Charta della dottrina sociale della Chiesa. Promulgata il 15 maggio e pubblicata a puntate sull’Osservatore Romano dal 19 maggio del 1891, la Rerum novarum di Leone XIII è fondamentale e risponde a un lungo processo di gestazione che aveva visto i primi segni con le Associazioni cattoliche e con le Opere Pie. Papa Pecci, che affidò il suo pontificato a San Tommaso, rinnovò la Chiesa, ponendola di fronte alle cose nuove, in un’epoca di forte scristianizzazione: la rinascita del cattolicesimo religioso produsse poi l’avvento del cattolicesimo politico. Pio XI con Quadragesimo anno nel 1931, Giovanni XXIII con Mater et Magistra nel 1961, Paolo VI con Octogesima adveniens nel 1971 e Giovanni Paolo II nel 1991 con Centesimus annus celebrarono rispettivamente il 40°, il 70°, l’80° e il 100° anniversario della Rerum novarum. E, oggi, a distanza di più di un secolo, è ancora di una straordinaria attualità come conferma in questa intervista il professor Flavio Felice, ordinario di Dottrine Economiche e Politiche alla Pontificia Università Lateranense e direttore dell’Area internazionale di ricerca Caritas in Veritate per lo studio della dottrina sociale della Chiesa.

Davanti al processo di scristianizzazione Leone XIII seppe rinnovare la Chiesa, ponendola di fronte alle «cose nuove». Professor Felice, cosa possiamo imparare oggi da quel metodo?  

«Leone XIII con la sua enciclica sociale favorì la nascita e lo sviluppo di movimenti aperti alla dimensione sociale e politica sia all’interno sia all’esterno delle istituzioni: emblematica è stata l’esperienza italiana, in quanto la soluzione della questione romana aveva di fatto portato i cattolici ad autoescludersi dalla vita politica. La Rerum novarum produsse un tal movimentismo civile che raggiunse il suo apice nel 1919 con la fondazione del Partito Popolare Italiano ad opera di don Luigi Sturzo. Diede nuovo slancio all’impegno dei cattolici nel campo del volontariato e contribuì alla fondazione di associazioni di lavoratori, cooperative, banche rurali, fino a giungere alla fondazione di partiti politici ispirati al cattolicesimo sociale. Tra gli altri, è stato l’economista Joseph Schumpeter a registrare come «il cattolicesimo politico sorse dalla rinascita del cattolicesimo religioso». Credo sia proprio quest’ultima affermazione di Schumpeter a indicarci il metodo della Rerum novarum e le ragioni del suo successo: fu la rinascita della dimensione religiosa che animò l’impegno politico e non il contrario».

Il documento è scritto prima dell’avvento dei regimi totalitari, ma indica chiaramente perché fallisce il marxismo. Perché?  

«Le ragioni per le quali la proposta socialista andava del tutto rigettata sono presentate nel capitolo «Il socialismo come falso rimedio» e riguardavano il principio di proprietà privata, d’iniziativa personale, d’ineguaglianza naturale. Nella Rerum novarum, Leone XIII usa il termine socialismo in un’accezione ampia, tale da poter essere compresa dai cattolici dell’Europa e dal resto del mondo, anche perché bisogna ricordare che le economie miste e il welfare state non erano ancora neppure pensabili, e che la propaganda sindacale dei partiti socialisti oscillava tra un socialismo gradualista e un comunismo radicale. Leone XIII non vedrà il fallimento, ma coglie l’inconsistenza e l’inefficacia delle soluzioni proposte, dal momento che nuocciono proprio a coloro ai quali intendono recare soccorso: l’abolizione della proprietà privata, la negazione del diritto all’iniziativa economica e il non riconoscimento delle doti individuali finiscono per promuovere gli interessi di chi detiene la rendita e impediscono la mobilità sociale».

L’economia di mercato può accordarsi con i principi cristiani?  

«Se il Papa condannò il socialismo, nello stesso tempo fu indiscutibilmente critico rispetto al liberalismo. Sebbene la critica sia stata severa e rigorosa, l’atteggiamento del Papa di fronte al liberalismo fu sostanzialmente diverso; Leone XIII non criticò il socialismo, raccomandandone la riforma, lo condannò. Dobbiamo attendere la Centesimus annus dove il tema è trattato in modo diretto: si pensi al paragrafo 42. Si fa riferimento in modo diretto a categorie quali l’impresa e il mercato, al punto che è lo stesso Giovanni Paolo II a definire quel tipo di economia, nei confronti della quale il giudizio della Chiesa è «certamente positivo»: «economia d’impresa», «economia di mercato», «economia libera». La condizione è che il «ruolo fondamentale e positivo» dell’impresa, della libertà, del mercato, della creatività e del diritto di proprietà sia inquadrato in un solido contesto giuridico, il cui fondamento sia l’intangibile dignità della persona».

29 Aprile 2016 | 06:12
Tempo di lettura: ca. 3 min.
Condividere questo articolo!