Il Papa: «Il ricco Epulone? Aveva l'auto con i vetri oscurati»

Vatican Insider

di Domenico Agasso JR

La mondanità oscura l’anima e rende incapaci di vedere i poveri che vivono accanto con tutte le loro piaghe. «In queste due storie», riferendosi al Vangelo del ricco Epulone e a quella del benestante che arriva all’inferno e chiede di bere, «ci sono due giudizi: una maledizione per l’uomo che confida nel mondo e una benedizione per chi confida nel Signore». L’uomo ricco allontana il suo cuore da Dio: «La sua anima è deserta», una «terra di salsedine dove nessuno può vivere», «perché i mondani, per la verità, sono soli con il loro egoismo». Ha «il cuore ammalato, tanto attaccato a questo modo di vivere mondano che difficilmente poteva guarire». Inoltre mentre il povero ha un nome, Lazzaro, il ricco non ce l’ha: «Non aveva nome, perché i mondani perdono il nome.  Sono soltanto uno della folla benestante, che non ha bisogno di niente. I mondani perdono il nome». Papa Francesco lo ha affermato nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, come riporta Radio Vaticana.

Commentando la parabola del ricco Epulone, vestito «di porpora e lino finissimo» che «ogni giorno si dava a lauti banchetti», il Pontefice ha osservato che non si dice di lui che sia malvagio, anzi, «forse era un uomo religioso, a suo modo. Pregava, forse, qualche preghiera e due-tre volte l’anno sicuramente si recava al Tempio a fare i sacrifici e dava grosse offerte ai sacerdoti, e loro con quella pusillanimità clericale lo ringraziavano e lo facevano sedere al posto d’onore». Però non si accorge che alla sua porta c’è un mendicante, Lazzaro, affamato, pieno di piaghe, «simbolo di tanta necessità che aveva».

Francesco si è soffermato sulla situazione del ricco: «Quando usciva da casa, eh no… forse la macchina con la quale usciva aveva i vetri oscurati per non vedere fuori … forse, ma non so … Ma sicuramente, sì, la sua anima, gli occhi della sua anima erano oscurati per non vedere. Soltanto vedeva dentro la sua vita, e non se ne accorgeva di cosa era accaduto a quest’uomo, che non era cattivo: era ammalato. Ammalato di mondanità. E la mondanità trasforma le anime, fa perdere la coscienza della realtà: vivono in un mondo artificiale, fatto da loro… La mondanità anestetizza l’anima. E per questo, quest’uomo mondano non era capace di vedere la realtà».

E la realtà è quella dei bisognosi vicini: «Tante persone che portano la vita in maniera difficile, in modo difficile; ma se io ho il cuore mondano, mai capirò questo. Con il cuore mondano non si può capire la necessità e il bisogno degli altri. Con il cuore mondano si può andare in chiesa, si può pregare, si possono fare tante cose. Ma Gesù, nell’Ultima Cena, nella preghiera al Padre, cosa ha pregato? «Ma, per favore, Padre, custodisci questi discepoli che non cadano nel mondo, che non cadano nella mondanità». È un peccato sottile, è più di un peccato: è uno stato peccatore dell’anima».

Poi, nella parabola, il ricco, quando muore si ritrova tra i tormenti negli inferi, e domanda ad Abramo di inviare qualcuno dai morti ad avvertire i familiari ancora in vita di qual è la strada giusta. Ma Abramo risponde che se non ascoltano Mosè e i Profeti non saranno convinti neanche se uno risorgesse.

Francesco ha messo in evidenza che i mondani vogliono manifestazioni straordinarie, eppure «nella Chiesa tutto è chiaro, Gesù ha parlato chiaramente: quella è la strada. Ma c’è alla fine una parola di consolazione: quando quel povero uomo mondano, nei tormenti, chiede di inviare Lazzaro con un po’ d’acqua per aiutarlo, come risponde Abramo? Abramo è la figura di Dio, il Padre. Come risponde? «Figlio, ricordati …». I mondani hanno perso il nome; anche noi – ha concluso il Papa – se abbiamo il cuore mondano, abbiamo perso il nome. Ma non siamo orfani. Fino alla fine, fino all’ultimo momento c’è la sicurezza che abbiamo un Padre che ci aspetta. Affidiamoci a Lui. «Figlio». Ci dice «figlio», in mezzo a quella mondanità: «Figlio». Non siamo orfani».

Oggi sul suo profilo Twitter Jorge Mario Bergoglio ha scritto: «Se noi siamo troppo attaccati alla ricchezza, non siamo liberi. Siamo schiavi».

5 Marzo 2015 | 18:01
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