Internazionale

Carriquiri: Papa in America Latina, per una Chiesa in uscita

2015-07-03 Radio Vaticana

Grande dunque l’attesa per il viaggio di Papa Francesco in Ecuador, Bolivia e Paraguay dal 5 al 13 luglio. Sul significato di questa triplice visita, Paolo Ondarza ha intervistato uno dei membri del seguito papale, il prof. Guzmán Carriquiri, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina:
R. – Così, come per l’Europa, il Santo Padre non ha voluto cominciare dalla Spagna o dalla Francia, dalla Germania, ma dall’Albania e la Bosnia, così non visita i «grandi» dell’America Latina in primo luogo, ma tre Paesi che io chiamerei di «periferia emergente», in condizioni molto diverse da quelle dei tempi della visita di Giovanni Paolo II, trent’anni fa. Oggi io dico «periferie emergenti», perché hanno vissuto questi 12 anni di grande crescita economica. Perfino nel 2015, in condizioni internazionali sfavorevoli, stanno crescendo attorno al 5 per cento annuo e, dunque, questo significa che durante tutti questi anni, la crescita economica ha tolto questi Paesi da un certo immobilismo. E’ un dato significativo soprattutto se si pensa alle masse indigene, contadine così presenti in questi Paesi. Certo sussistono ancora seri problemi di povertà, di disuguaglianza, di ricadute autoritarie, ma questi Paesi hanno vissuto una traiettoria storica, ultimamente, molto positiva. E la Chiesa, d’altro canto, sarà forse diversa dalle Chiesa che aveva trovato San Giovanni Paolo II: allora c’era molta tensione, molta polarizzazione, si era in pieno dibattito sulla teologia della liberazione. Oggi Francesco troverà una Chiesa più serena, nella comunione, che vive la missione dopo Apareçida, interpellata da ciò che Papa Francesco propone nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium.

D. – Evangelii Gaudium e il documento di Apareçida sono importanti punti di riferimento per entrare dentro questo viaggio…

R. – Certo. La Chiesa deve concentrarsi sull’essenziale del Vangelo: essere missionaria, in uscita, misericordiosa, senza escludere nessuno, con questo amore e predilezione per i poveri, chiamata ad essere Chiesa piena di compassione e di tenerezza.

D. – Quali saranno i momenti più significativi?

R. – Il Papa dice sempre che dalla periferia si vede meglio l’insieme. Io penso che il Papa sarà dentro la realtà di questi singoli Paesi, ma sempre con l’orizzonte di ciò che il Papa ama chiamare «la patria grande latinoamericana». Bisognerà essere molto attenti a tutti gli accenti che il Papa potrà fare sulla fraternità, sulla cooperazione, sull’integrazione tra i Paesi latinoamericani. Sappiamo bene quanto il Papa apprezzi la religiosità popolare di questi Paesi, che è la forma di inculturazione della fede così radicata nella storia, nell’anima di questi popoli. Penso alla visita del Papa ai santuari mariani: la visita a Nuestra Señora de Quince, patrona dell’Ecuador; a Nuestra Señora de Caacupé, patrona del Paraguay. Peccato che non possa andare a visitare Nuestra Señora de Copacabana, la patrona della Bolivia, perché si trova nel Lago Titicaca e logisticamente sarebbe troppo complicato arrivare lì. Il Papa dedica sempre un incontro speciale ai più poveri, ai più sofferenti, come ci ha abituato. Visiterà il carcere penale di Santa Cruz de la Sierra, che dicono sia uno dei più violenti dell’America Latina, e quell’ospedale che rimane tra Asunción e Caacupé, che raccoglie bambini, malati, disabili, il cui nome ricorda l’iniqua guerra della Triplice Alleanza, che ha provocato quasi – direi – un genocidio in Paraguay.

D. – Come si vive l’attesa del Papa in America Latina?

R. – Lei si può immaginare cosa sarà questo abbraccio di amore, di devozione dei nostri popoli al Papa, pastore universale, che viene dall’America Latina.

(Da Radio Vaticana)

3 Luglio 2015 | 18:00
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